23 – Un quarantotto
Era bello tornare a casa dopo cinque ore di lezione e trovare mia madre che, seppur affannata dai libri e dal vento freddo, metteva sul fuoco un piatto di lenticchie o un riso con i funghi. La dad, oltre ai compagni, alle risate, alle uscite nei corridoio, al guardare negli occhi i professori, mi aveva tolto anche questo. Mesi e mesi nell’illusione di una scuola che non è scuola, dove i voti costretti dalla norma, mi avevano elogiato ma anche presa in giro. Era il 27 gennaio quando tornammo in classe per la prima volta dopo mesi di reclusione in quella stanza di venti metri quadrati dove per più di un mese mia madre mi aveva passato il piatto con i guanti e la mascherina stando attenta a disinfettare con alcool ogni luogo o oggetto da me toccato.
27 gennaio ventiventuno le strade erano vuote ma la memoria non si può fermare. Parlare di memoria sembrava impossibile e invece non c’era giorno in cui non eravamo tentati di ricordare.
– Fuori i banchi! – gridavano i ragazzi del mio liceo appena arrivata, barricati davanti all’entrata con i nuovi banchi. Alcune sezioni non vollero tornare in classe e sembrava che da altri istituti stessero prendendo in considerazione l’ipotesi.
– Alessandra che facciamo, torniamo a casa? – mi chiedeva Marta all’entrata.
– Non lo so, credo che oggi non ci facciano entrare. Hanno ragione solo che io non vedo l’ora di tornare a scuola. Ho voglia di andare a casa dopo aver fatto lezione e non esserci ore ed ore in pigiama – rispondevo cercando di capire come poter entrare.
– L’Umbria verde sta per entrare in zona rossa – recitava uno striscione fuori dalla scuola. – A questo punto non occorrerà nemmeno fare sciopero, sarà la zona rossa che ci farà tornare a casa –
– La virtualità dilagante ci sta rintronando, assistiamo senza capire, senza strumenti alla costruzione del nostro futuro!” diceva Marco dal megafono.
Davanti ai nostri occhi stavamo assistendo spossati ad una pandemia senza soluzione, senza più nemmeno la forza per sibilare il nostro disgusto del patetico spettacolo.
– Voglio tornare a casa dopo cinque ore di lezione, e la mia casa mi deve mancare non essere la mia prigione – diceva Luca prendendo il megafono da Marco.
– Finchè siamo una nazione ed esiste la legge non si va avanti per conto proprio. I professori ci metteranno assenti così come fanno le multe a chi apre dopo le 18, a chi non rispetta il coprifuoco, a chi forza il Dpcm, a chi non si presenta nel luogo di lavoro quando ciò è stabilito dalla legge. Non vogliamo essere fuorilegge – recitava l’opposizione degli studenti nelle scale del liceo.
Il clima quella mattina si fece sempre più acceso fino all’arrivo dei lacrimogeni e della polizia che tentava di fermare quelli più tumultuosi e rancorosi.
Nel gruppo era stato arrestato Marco proprio nel momento in cui stava lanciando un lacrimogeno. Pensavo che queste cose potessero esistere solo sui libri di storia. Non riconosco più i miei compagni m sembra di vivere il ’48 e anche il giorno della memoria, oggi, non mi sembra più così distante.
Non voglio tornare nella mia casa devastata a trascorrere l’ennesima mattina chiusa in casa. Il divano è un campo di battaglia, i cuscini sono sempre in terra o volano impazziti accompagnati dalle urla senza ombra di mia madre e mio fratello.
– Basta! Smetti di giocare alla play e di guardare questa televisione pessima – grida mia madre.
– Non posso – risponde mio fratello.
– Perché – chiede mia madre alzando la voce.
– Sto giocando a vaccino contro Covid, è così che ho chiamato di due personaggi, devo finire la guerra –
– Allora va bene – risponde mia madre on un briciolo di soddisfazione estraendo dalla rabbia anche il buon umore di vedere suo figlio comunque attento.
Se torniamo in zona rossa le manifestazioni non servono né tantomeno i litigi davanti il liceo. Era bello tornare a casa dopo le lezioni ma è ancora più bello tornare a casa sani e salvi.
Valutazioni Giuria
23 – Un quarantotto – Valutazione: 21 Giud.1: Tematica attuale narrata con periodi non ben ordinati. Giud.2: racconto di uno spaccato della nostra vita quotidiana. molto ben raccontate le emozioni dei liceali che protestano per tornare a scuola in presenza. non ho molto apprezzato il rimando al ?48. linguaggio chiaro e leggibile. Giud.3: Pur con errori nei tempi e imprecisioni varie, prova a comunicare con una certa immediatezza e intensità la confusione, lo sconcerto, l’impotenza, la rabbia che i nostri ragazzi stanno vivendo. Giud.4: Paragonare i problemi di studenti annoiati davanti alla play, con le battaglie del ’48 ed addirittura col giorno della memoria, lo trovo altamente irrispettoso. |