10 – LA LEGGENDA DI FRATE ROMUALDO

12 Gen di editor

10 – LA LEGGENDA DI FRATE ROMUALDO

e di come, per intercessione di fratello Bardo, Iddio lo redense.

Finì per addormentarsi

D’un sonno fondo e giusto,

Dopo ch’ebbe a prodigarsi

Con amor, pietà e con gusto

Negli affar di cappuccino.

Sognava d’un bel foco

Che ‘l tenesse un poco al caldo,

Più del lume mozzo e fioco

Scordato fùmido e ribaldo

Col breviario e l’acciarino.

Sorci sott’a un tappeto

Movea gli occhi serrati,

Nel sonno sembrava cheto

Ma quelli eran tribolati

Più che fosse in apparenza.

Ed ecco tra veglia e sogno

Si stupì del tosto albore,

Sicché sentì il bisogno

Di riparar da quel chiarore,

Quando in fin prese coscienza.

“Al foco, al foco, al foco!”

Brandendo la coperta straccia,

“Al foco”, urlava, “al foco!”

Battendo e quel gli si rinfaccia

Irrobustito ancorché domato.

Accorsero i fratelli tutti

E gettarono acqua a secchi,

Come il mare rigetta i flutti,

Sui legni asciutti e vecchi,

Ma il convento era appicciato.

E nulla v’era da salvare

Oltre la vita, umili cose

E il crocefisso in sull’altare,

Che le fiamme tormentose

Già rendevano cocenti braci.

L’incendio i muri serra,

Rossi nel buio i frati staglia

Nove in piedi ed uno a terra,

Il foco inerpica ed abbaglia

Con fiamme orribili e voraci.

Trascorse l’intera notte

Pria che il rogo si tacesse,

L’alba che il buio inghiotte

Trovò fiaccole sommesse

E aduste facce lacrimose.

Come pastori alla grotta

S’adunarono all’abbazia

Le genti, trovandola ridotta

Cumulo e al culto di latria

Volsero nenie lamentose.

Tra i frati alcuno spese

Preghiere, altri scostava

Macerie ancora accese,

Solo uno a terra stava

Romualdo d’Avellana.

Frate Elia lo avvicinò

Genuflettendosi al suolo

E con dolcezza ei sussurrò

“Confessiamoci figliuolo

Che l’angoscia è trista e vana”.

Frate Elia, buon pastore

Invocava a lui in soccorso

L’assoluzione del Signore,

Che fugasse il suo rimorso

Espiando penitenza.

Neppur colla pena, doma

Il fervente animo pio,

Ei come bestia da soma

Si sentiva innanzi a Dio

Ed indegno di clemenza.

Prodigarono nei dì seguenti

Ogni sforzo e affanno

Con la carità delle genti

Rizzarono un capanno

Ma nulla era bastevole.

Si decise allora a sorte

Chi la congrega lasciasse,

Partendo per altra corte

Ovunque iddio ordinasse

Al loro animo cedevole.

Ovidio andò a Montecchio,

Giulio e Basilio in Aggio,

Bardo fiacco e vecchio

Fece l’ultimo suo viaggio

Tra le braccia del Signore.

Dai ruderi riattati

E ridotti a mendicare

Rimasero in sei frati

Votati a predicare

Poveri, fuorché d’amore.

Romualdo, per parti sue,

Tanto ‘l si prodigava

Che uno sembravan due,

Se da ultimo si coricava

Con lodi destava il sole

Come il servo più solerte

Miete, semina e dissoda

Macerie, pietà e offerte

In luogo di terra soda,

Sulle labbra rade parole.

Solo a sera discorreva:

Con Elia per confessione

Sotto la croce, e piangeva

In penitenza e in contrizione

Spendendo lacrime ardenti.

“Come Dio avea rimesso”

– pregavan gli altri frati –

“Romualdo a sé stesso

Perdonasse i suoi peccati

Ed i pensier tristi e silenti”.

Ma il cuor non sente

Clemenza, né pena cessa,

Tal ch’ei giace dolente

In dolorosa e spessa

E dura penitenza.

Accadde poi secondo

Com’Egli vuol che accada:

L’altissimo e fecondo

Mutò lacrime in rugiada

Miracolosa nell’essenza.

Apparve infatti un noce

Tra le macerie inerti

Ai piedi della croce,

Tra gli spacchi aperti

Alle lacrime profonde.

Prodigiosa pianta, dacché

Sorse nottetempo schiva,

Eppur già folta, talché

La chioma stormiva

All’alba, tra le fronde.

Da ovunque accorsero

I fedeli che, sentito dire

Sul miracolo dell’albero,

Volevan farsi benedire

Dal frate retto e pio.

L’iniziale e biasimevole

Fanatismo mal celato

Affliggeva il nostro fievole,

Discreto ed umile curato

Che chiedeva gloria a Dio.

Ed avvenne nei fedeli

Ciò che il frate invocava:

Gloria e lode ai cieli,

Che null’omo meritava,

E misericordia in terra

Nei seguenti due trienni

Carità ed ardimento

Eressero le solenni

Nuove mura del convento

Che ‘l noce in mezzo serra.

Romualdo chiese per riguardo

Di esporre in adorazione

Le reliquie di frate Bardo,

Della cui intercessione

Intimamente egli era certo.

Infine avvertì perdonato

Quel ch’ei sentiva in fede

Come mortal peccato,

Da Colui che provvede

Ad ognun, se ha cuore aperto.

Son trascorsi dieci secoli

Dalle vicende narrate

In questi versi miserevoli

E nella memoria annebbiate,

Ma rimangano valevoli

I precetti di quel frate.

Qualsivoglia ne traiate.


Valutazioni Giuria

10 – LA LEGGENDA DI FRATE ROMUALDO – Valutazione: 29

Giud.1:
Apprezzabile il genere scelto per narrare le vicissitudini del frate “retto e pio” e dei suoi confratelli.

Giud.2:
genere interessante, diverso dal solito. Buon vocabolario e sintassi. Belle le immagini che la lettura suscita.

Giud.3:
Ingegnoso, ben formulato, argomento particolare. Godibile.

Giud.4: