8 – I figli del re
Non potevano essere più diversi di così. Ma per uno strano caso del destino, erano perfettamente identici. Nati a pochi minuti uno dall’altro, la levatrice dimenticò quale dei due fosse uscito per primo dal ventre della madre e già mentre li lavava notò subito quanto i due gemelli si somigliassero, non solo nell’aspetto, ma perfino nei loro primi vagiti che sembravano ricalcati sullo stesso ritmo ternario. Si decise quindi che, non potendo attribuire ad uno il primato sull’altro, fossero chiamati entrambi come il padre: Jevgeni e fossero tutti e due allevati come spettava ai principi ereditari. Il fatto poi che non si potesse sapere quale dei due fosse da considerare primogenito creò poi un caso al momento della successione, quando, cambiando in extremis le antiche leggi del regno, Jevgeni II, decise di lasciare a entrambi il compito di governare, ed entrambi regnarono poi come Jevgeni III e Jevgeni III. Ma negli scritti dei cronisti che seguirono l’educazione di Jevgeni e Jevgeni, si parla fin dalle prime pagine di questo paradosso: i due Jevgeni, uguali in tutto, gli stessi capelli biondi e setosi che crescevano sulle spalle con identiche ondulazioni, lo stesso volto dal naso piccolo e dalle labbra delicate, le stesse proporzioni delle membra, in realtà erano profondamente diversi. Da bambini se uno preferiva i giochi rudi, come la lotta, le corse, le sfide competitive che spesso venivano proposte dai maestri per temprare i caratteri, l’altro si perdeva nelle lettura degli antichi poemi, prediligendo non quelli di stirpe, con le gesta degli eroi, ma i racconti fantastici dove si parla di Waino, il vecchio cantore la cui cetra sprigionava note dolcissime e piene di armonia, e della madre di Ahti che lo salvò dai gorghi del fiume in cui era caduto restituendogli la vita e riconducendolo a casa. Crescendo Jevgeni, quello mite e pensieroso, approfondì poi la geografia del mondo conosciuto, la poesia destinata alle donne e le proprietà dei fiori, studiando molte ore al giorno seduto sotto i portici del palazzo, mentre Jevgeni, l’altro, imparava a domare i cavalli selvaggi e a maneggiare le armi. In quanto alle prime esperienze amorose, uno fu presto nel dimostrare la sua passionalità travolgente seducendo un gran numero di serve, cuoche e governanti che circolavano nel palazzo, mentre l’altro si interessava ai riti dell’unica religione e amava meditare in silenzio nel tempio, fino ad ora tarda, nei giorni stabiliti. Qualche volta, prima della successione, costretti entrambi a stare seduti per ore durante il cerimoniale di qualche ricorrenza, Jevgeni sbottava in imprecazioni, suscitando il riso dei cortigiani che leggevano nel viso del re la condiscendenza paterna, mentre l’altro, con le labbra serrate e gli occhi socchiusi sembrava, nella sua immobilità, una delle statue sacre ostentate nel rito. E fu così che una volta passati al governo del regno, i due Jevgeni si divisero i compiti: uno si occupò di organizzare la difesa, visitare le fortificazioni, giustiziare i traditori, creare le coorti per arginare la pressione dei nemici ai confini, mentre l’altro di riscuotere i tributi, tenere aperti i templi, accogliere gli ambasciatori e favorire la musica e le arti. Il regno, così condotto, giorno dopo giorno, allargava i suoi confini attraverso le nuove conquiste e prosperava.
Ma fu l’invidia a spingere i generali, che mal sopportavano la crudele disciplina instaurata nell’esercito e il dispotismo di Jevgeni, e che tacciavano di mollezza effeminata l’altro Jevgeni, a ordire la congiura.
Dopo cinque giorni di sanguinosi combattimenti e di atroci vendette, i cospiratori entrarono nel palazzo e rovesciarono i troni. Lo stesso giorno Jevgeni e Jevgeni furono trascinati sul patibolo, nella piazza d’armi, per essere giustiziati. Uno, a cui fu permesso di tenere una corona di pietre per le preghiere, affrontò il boia con volto sereno e perfino, quando la spada calava sul suo collo, guardava impassibile davanti a sé, senza un tremito. Per l’altro ci vollero cinque uomini per trattenerlo, mentre urlava e piangeva insieme, al pari di un ossesso. Come poi scrissero gli storici che furono costretti ad assistere all’esecuzione, non erano mai apparsi così diversi come quel giorno.
Valutazioni Giuria
8 – I figli del re – Valutazione: 20 Commento: Le controversie fra fratelli per la successione al trono sono un argomento che ricorre spesso nella narrativa. Può quindi risultare un po’ scontato. Sarebbe stato interessante invece farne un caso virtuoso di governo saggio ed equilibrato. I nomi uguali sono davvero eccessivi! Lo stile è lineare e scorrevole. |