14 – Il Principe e la pastiera…

1 Dic di editor

14 – Il Principe e la pastiera…

Tutta colpa della pastiera…è sempre stato uno dei miei dolci preferiti e trovandomi a Napoli nel periodo pasquale avrei trovato questa prelibatezza in qualsiasi angolo della città, sua patria di creazione. Avevo già una meta precisa: la pasticceria Poppella nel quartiere Sanità. Era una bella e calda giornata di sole ma l’aria resa frizzante dalla brezza marina mi invogliò ad incamminarmi per scoprire la città nel suo vivere quotidiano. Nel mio procedere però qualcosa mi turbò, qualcosa che nella sua normalità era ormai insolito: nessuno portava la mascherina.
Anche se, a ben vedere, non era l’unico fatto inconsueto. Le strade erano gremite di persone, ammassate gli uni contro gli altri, tutti parlavano, taluni urlavano, c’era chi si abbracciava, chi si baciava e si teneva per mano. Era incredibile! Di singolare c’erano anche l’abbigliamento e le acconciature delle persone che incontravo, sembrava di essere tornati indietro nel tempo e di essere finiti nel mezzo di un film in bianco e nero del secondo dopoguerra. I ragazzi poi ridevano e scherzavano e chiacchieravano o giocavano a pallone e nessuno teneva in mano uno smartphone o un tablet: assurdo! Ero perso in queste considerazioni quando giunsi alla mia destinazione.
Come tanti negozi che avevo visto sul mio percorso aveva le insegne di latta e le vetrine allestite in modo essenziale come se visual merchandising e marketing non esistessero. Stavo osservando l’interno del negozio quando per colpa di un mio brusco arretramento andai a sbattere contro qualcuno. Quando mi girai per chiedere scusa le parole mi morirono in bocca. Chi avevo di fronte mi stava guardando con severità, la faccia storta a dimostrare contrarietà. Mi ricordai di avere letto che non voleva essere chiamato col nome del personaggio che lo aveva reso celebre in tutta Italia e allora <<Le chiedo umilmente scusa, Principe.>>. I suoi occhi furono attraversati da un lampo di sorpresa, non saprei dire se per il mio accento lombardo o per come lo avevo appellato. Socchiuse gli occhi per studiarmi per un tempo che mi sembrò infinito, il suo sguardo era diffidente ma da persona intelligente qual era anche curioso. <<Cosa La porta nella mia bella Napoli? >> mi chiese infine. <<La città, i suoi monumenti, il suo mare, il suo cibo e i suoi dolci…>> risposi prontamente e con sguardo allusivo alla vetrina. <<I suoi dolci…>> ripetè, quasi più a sé stesso che a me e seguendo il mio sguardo. <<Sì, Principe. I vostri dolci sono eccezionali. Sfogliatelle, babà, zeppole ma per me il meglio è la vostra pastiera. >> dissi con entusiasmo. Entusiasmo che doveva averlo colpito perché un sorriso compiaciuto gli stirò un angolo della bocca. <<Allora venga con me. >> spalancò la porta della pasticceria e deciso entrò nel negozio. Tutti i presenti, dai commessi ai clienti, si girarono per guardare, e salutare, l’illustre cliente appena giunto.
Il proprietario del negozio si fece subito incontro per omaggiarlo e dette disposizioni per preparare immediatamente il miglior tavolo per il Principe e il suo ospite (cioè io!). <<Si dice che l’appetito vien mangiando, ma secondo me viene di più a stare digiuni. >> disse appena ci fummo seduti, lanciandomi un’ occhiata per vedere la mia reazione. Sorrisi cercando una frase sagace per ribattere ma tutto quello che riuscii a dire fu <<Io ho sempre avuto appetito ma non ho mai sofferto la fame. >>. Mi fissò, sorrise e ordinò una fetta (doppia) di pastiera e ‘na tazzulella ‘e café a testa perché a Napoli senza caffè non si può stare. Parlammo poco durante quella piccola merenda perché per Totó il cibo era sacro e bisognava trattarlo con rispetto. Improvvisamente mi venne una indicibile stanchezza, sentii le palpebre pesanti e crollai in un profondo sonno. Mi risvegliai nel mio letto, confuso e frastornato. Mi ritrovavo ancora nel mezzo di una pandemia mondiale, nel 2020. Era stato solamente un sogno. Ma il ricordo di quel sogno mi avrebbe aiutato ad affrontare le difficoltà.


3 Commenti

  1. Intrigante l’idea del sogno e il riferimento a Totò, anche nel titolo; fuori luogo invece il risveglio in un clima di pandemia. Lo scrivere e il sognare sono due occasione di fuga dalla realtà, di evasione, Totò è un poeta, la mascherina è davvero troppo sterile per non rendere sterile anche il racconto.
    Il linguaggio è, a tratti, un po’ pomposo

  2. Una scrittura poco fluida, anche a causa di espressioni un po’ pesanti (“per scoprire la città nel suo vivere quotidiano”… ; “Nel mio procedere…”; “per colpa di un mio brusco arretramento…”). Poco fondato il fatto che l’aver sognato Totò in una Napoli di altri tempi possa essere d’aiuto nell’affrontare i disagi di una pandemia! Si potevano evitare i riferimenti al Covid e concentrarsi sul sogno, Totò e la pastiera., così da rendere il racconto più coerente ed equilibrato.

  3. Molto riuscita la riproposizione del Principe della risata, in un dialogo semplice ma efficace con il protagonista.
    La parte centrale del racconto funziona perfettamente (soprattutto da quando i due entrano nel locale). Andrei invece a migliorare l’incipit, che mi è parso poco preciso, e il finale, eccessivamente rapido.

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