32 – Messaggio
Ricordo bene. Quella giornata iniziò nel migliore dei modi. E’ arrivata prima lei alla maniglia della porta. Mentre lei entrava di fretta io stavo uscendo sovrappensiero. Non sapevo arrivasse. Se lo avessi anche solo immaginato forse non avrei messo quel maglione. In questo periodo non ho molta scelta nell’armadio. Ma forse nemmeno il desiderio di vestirmi diversamente da ieri. Però se lo avessi saputo, forse avrei cercato meglio.
In compenso mi sembrava in quell’istante di aver un’aria intelligente, riuscendo a mantenere quell’indifferenza di chi vuole essere desiderato. Senza premeditazione ho respirato il suo profumo. Lo ricordo ancora ora, lo ricorderò sempre. Sono passato oltre senza rallentare cercando di tenere lo sguardo basso ma, forse, cercando di avvicinarmi anche solo impercettibilmente.
L’imprevisto inizio di ogni giornata come non vorresti mai desiderarlo, per il timore che non si avveri.
Non ricordo come sono arrivato alla macchina. Tolgo sempre la giacca prima di salire, il cellulare sempre allo stesso posto. La radio sintonizzata sempre sulla stessa stazione, il volume sul 16. Non ricordo nemmeno quando ho fatto questi gesti, solo dopo qualche chilometro mi rendo conto che non ho la giacca, il cellulare è al suo posto ma la radio è accesa senza volume. Devo per forza chiamare Andrea, non vorrei nemmeno respirare ma devo. Lo chiamo ed iniziamo con un argomento a caso come solo noi sappiamo fare, prima di passare alle cose serie. Il calore della macchina in questa gelida giornata e la voce di Andrea mi svegliano. Speravo Andrea non mi rispondesse ma per fortuna c’è lui che mi ricorda chi sono e qual’è il mio compito.
Senza accorgermi sto posteggiando, gli altri sono già arrivati e mi aspettano per salire. Era tanto tempo che non ci vedevamo tutti insieme. Senza farci domande ci guardiamo, come per capire se siamo cambiati in questi 8 mesi. Siamo cambiati e lo sappiamo, ma è un attimo che passa veloce.
Ho ancora addosso l’inizio di questa giornata ed ogni tanto chiudo gli occhi per ricordarmi di quell’istante, ed un groppone mi assale.
Sappiamo perchè siamo qui. Decidere chi dovrà essere licenziato. Questo è il compito per cui ci riuniamo tutti gli anni a novembre. Come vorrei avere qui adesso quegli occhi, ho bisogno di non avere questa responsabilità e se lei fosse qui mi sembrerebbe tutto più sopportabile. La mia mente scapperebbe con lei di fianco. Il mio corpo posso anche lasciarlo qui, non mi serve.
Gli elenchi sono davanti ad ognuno di noi. Siamo partiti nel 2009 con i primi licenziamenti, è stata la prima crisi e sembrava non dovesse più ripetersi. Invece ogni anno ci ritroviamo a prendere decisioni sempre più grandi di noi. Non abbiamo potuto nemmeno prendere un caffè, i bar sono chiusi e i distributori automatici spenti. Potevamo non vederci fisicamente, ma abbiamo voluto dare dignità a quello che ci viene chiesto.
Ogni tanto guardo come un ragazzino il cellulare, non voglio che mi scriva. O forse si. Se mi scrive non aprirò il messaggio, lo terrò per quando finirà questa riunione e sarò di nuovo in macchina. Lo voglio leggere fermo al primo semaforo rosso dopo che la macchina sarà calda. Ho questa immagine e la voglio portare con me.
Conosco quei nomi, erano centinaia 11 anni fa. Era facile scegliere. Giovane, senza famiglia, il lavoro sbagliato, la prima esperienza, ricco, antipatico. Oggi fatico a trovare qualcuno più giovane di me, ma non abbastanza grande da portarlo alla pensione.
Quando corre per prendere l’autobus alla fine della giornata sembra che le cada tutto dalle mani. Ci sono giorni che cerco in tutti i modi di incrociare quel momento…corre con la leggerezza di chi non ha il peso di una vita ancora vissuta. Ma un giorno sarà pronta per tutto quello che una donna è giusto diventi. La immagino correre a prendere l’autobus indaffarata come oggi, con un marito e dei figli che la attendono a casa. Invidio quell’uomo. Vorrei poterle dire tutto. Non lo farò mai. Ricorderò per sempre quel profumo e quella fossetta.
Mi è arrivato un messaggio.
3 Commenti