14 – La porta
Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi. Era una mattina di fine ottobre, il sole scaldava come fosse settembre, ancora ci si poteva permettere la colazione in veranda. Le Cotswolds in autunno sembrano un dipinto di Grimshaw. Sul tavolo “l’anatomia del Gray” aperta sul capitolo dei punti del repere. All’epoca ero una specializzanda al Bath General Hospital. Il paesaggio era sicuramente più seducente della glabella o della bregma, infatti il mio sguardo si perse nel giardino dell’Inghilterra. La magia fu interrotta dal suono del cellulare: un messaggio.
“Buongiorno Sarah, sono con Callie in Regent St. Perché non ci raggiungi?” Risposi a Mary ringraziando e rifiutando l’invito.
Tornai ai miei pensieri, al desiderio di passeggiare nel bosco…Un tappeto di foglie fiammanti mi si srotolava davanti invitandomi a proseguire, ad addentrarmi in quel luogo dal sapore magico. Passo dopo passo sentivo sgretolarsi quel manto così colorato, finché mi mancò da sotto i piedi ed il vuoto mi attrasse a se, mi tirava giù e poi ancora giù, atterrai così su un giaciglio di corteccia umida, ornata da uno strato di muschio maleodorante immerso in acqua stagnante. Persi i sensi e non saprei dire nemmeno per quanto. Quando riaprii gli occhi pensai subito di essere caduta in una tana. Il barlume che intravedevo alla fine di quello che sembrava un cunicolo, mi fece pensare che il padrone di casa non avrebbe avuto le sembianze di un quadrupede. Mi alzai dolorante da quel giaciglio e mi trascinai finché davanti ai miei occhi apparve una porta. Una di quelle antiche, coi cardini arrugginiti, con il legno mangiato dal tarlo. Da una fessura si intravvedeva un tavolo, ecco il lume. Mi feci coraggio, entrai. Quello che vidi era terrificante, orribile. Mi paralizzò. Dal soffitto ammuffito pendevano dei ganci, per intenderci, quelli da macello. Su di essi erano infilzati degli abiti da donna. Mi accorsi che il muro era tappezzato da fotografie. Non riuscii a mettere a fuoco le immagini, ancora troppo lontane dei miei occhi, inoltre del fumo proveniente da una profonda crepa di una parete, non mi agevolava la visione. Mi avvicinai. Emisi un urlo di disperazione. Riconobbi i soggetti immortalati, tra questi c’ero anch’io. Mi avevano colta in momenti di vita quotidiana. Mentre uscivo dall’ospedale, durante una corsa nel parco, addirittura c’era la fotografia di me in veranda che facevo colazione, vestivo dei pantaloni neri ed una maglia azzurra. Mi guardai le gambe, poi le braccia, erano esattamente gli abiti che stavo indossando. L’istinto mi disse scappa. Qualcosa altro però attirò la mia attenzione: per terra c’erano delle scarpe da donna, delle borse di pelle….guardai nuovamente gli abiti che pendevano dal soffitto da quegli assurdi ganci. Li riconobbi, erano i vestiti di Mary e Callie. Ma non erano in Regent St? Dove le aveva portate questo mostro? Era un incubo, ero caduta nella tana di un serial killer o qualcosa di simile. Qualcuno mi sfiorò i capelli. Non ebbi la forza di girarmi ma nuovamente urlai, sperai di mettere paura con le mie grida. In quell’istante sentii una voce “Sara, Sara….Sara forza svegliati….stai sognando…Sara…”. Aprii gli occhi, mi ritrovai in veranda con davanti l’anatomia del Gray sulle ginocchia e Thomas che mi teneva le mani, sorridendomi e riportandomi alla realtà. La giornata proseguì con un caffè, due risate ed una vera passeggiata nel bosco con colui che mi salvò dall’incubo. Percorremmo il tappeto di foglie croccanti e mi lasciai incantare dalle fronde degli alberi. Il sole, che fino poco prima splendeva alto e riscaldava le nostre movenze, si nascose e ci trovammo avvolti da una leggera foschia, e in quell’istante la vidi: la porta antica vestita di foglie…..Qualcuno mi sfiorò i capelli. Questa volta mi girai. Thomas mi fissava con un sorriso diabolico.
Se sono qui a raccontare questa storia è perché ebbi la prontezza di agire prima che lo facesse lui. Scappai. Mary e Callie vennero ritrovate fortunatamente ancora in vita.
Direi che quella giornata iniziò bene ma finì anche meglio, ciò che è accaduto in mezzo è degno di un film di Carpenter. Quello stesso anno avrei dovuto sposare il serial killer. Nella mia vita non convolai mai a nozze. Oggi ho novant’anni.
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