8 – Leggere tra le righe

14 Dic di editor

8 – Leggere tra le righe

“Ma dove scappi così di corsa, Giorgio? Aspettami, vengo con te.”

L’ha raggiunto sulla strada, dietro all’uscita del teatro, adesso lo trattiene per un braccio.

“Non cercare di fermarmi, sono stanco, me ne vado, lascio la compagnia.”

“Ti prego non farlo.”

“E invece sì, sono stanco di essere trattato così. Ma non è solo quello.”

Il marciapiede è sommerso dalle foglie che l’autunno ha sparso sui viali della città, dove ancora sopravvivono gli ultimi alberi ormai ridotti a sagome stecchite.

“Ti capisco, forse Teo non è sempre facile da sopportare, ma sono convinta che sia un grande regista.”

“Non lo so, ho i miei dubbi, e per di più gli altri due, gli assistenti: totali incompetenti. Ma soprattutto, c’è qualcosa che non va in questa commedia. Io lascio, non ne voglio più sapere.”

“E cosa fai? senza il teatro tu sei morto.”

“Il teatro, il teatro…cerca di capire. Qualcuno, che ha tutto nella sua mente, butta giù una storia, inventa dei personaggi, inventa delle situazioni, dei dialoghi, insomma crea. Poi tocca a te diventare quei personaggi, entrare in quelle situazioni e tu diventi quei personaggi, sei quei personaggi”.

“Bellissima definizione, e allora?

“E allora io non ci sto, io mi ribello!”

“Cosa vorresti dire? Non farmi ridere.”

“Vuol dire che esco dal teatro ed entro nella vita, quella vera, dove non devo rendere conto a nessuno.”

“Ne sei sicuro? Forse la vita è meglio del teatro? Forse la vita è – salendo di tono – diversa dal teatro?”

Giorgio scuote la testa, tentando un’ultima resistenza, vorrebbe spiegarle meglio cosa prova, ma non trova le parole adatte e resta a guardare il tappeto di foglie morte sotto i loro piedi.

“Dovresti importi un po’ di più, tu sei un ottimo attore, la commedia è perfetta, per quanto tu non te ne accorga ancora. Ha ragione Teo a dirti che devi metterci più impegno e più forza…”

Senza accorgersi si è infervorata e a ha cominciato a parlare come ispirata, con le braccia protese in avanti.

“Nessuno ti regalerà un applauso solo per il fatto che esisti, devi metterci del tuo, fare esplodere i tuoi talenti, devi cercare di essere te stesso mentre sei qualcun altro. So che non è facile, devi mettercela tutta, e togli quell’espressione di sofferenza dalla faccia, sul palcoscenico non sei un carcerato, non sei malato, non sei povero. E io credo in te. Torniamo dentro adesso.”

“Sei d’accordo con lui, vero? Ti ha mandato Teo per convincermi a non farlo, adesso ho capito- le parole gli escono prima deboli, in un sussurro, poi sempre più decise, infine con voce stentorea-

“Volete tenermi prigioniero per sempre in quel buco di teatro, a provare sempre la stessa commedia, che non è mai pronta per il debutto, perché è questo lo scopo, trattenermi lì, mentre fuori c’è il mondo, la vita. Avrei dovuto capirlo prima, quanti anni sono passati? Che stupido che sono! Forse anche la nostra relazione è stata costruita ad arte da lui. “Poi, con voce alterata: “Adesso ricordo, ci lasciava discutere per ore dopo le prove, tutti uscivano prima e noi avevamo le chiavi del teatro…Tutto preparato, dovevo leggere tra le righe.”

“E anche se fosse? Non puoi lasciare la compagnia, la vita vera non è qua fuori, e là dentro. Fuori c’è lo squallore, la sofferenza, la solitudine, la malattia.”

Ha pronunciato queste ultime parole con un tono cupo, trascinando le sillabe, con le braccia tese in avanti come per attirarlo verso un tragico abbraccio.”

Giorgio è rimasto fermo, le braccia lungo i fianchi, lo sguardo delirante.

Infine, grida: “No!”

Poi scattando improvvisamente Giorgio corre a sinistra verso le quinte e scompare alla vista. Nello stesso istante un lampo di luce rossa illumina per pochi attimi l’angolo vuoto del proscenio dove poco prima era stato raggiunto e trattenuto.

Cala il sipario. Il pubblico applaude.


Valutazioni Giuria

8 – Leggere tra le righe – Valutazione: 28

Gaia:
Una trama interessante, anticipata da un titolo che svela appieno il proprio senso solo a racconto concluso: il protagonista avrebbe dovuto sapere leggere fra le righe, come dice lui stesso, ma anche (e soprattutto) il lettore avrebbe dovuto saper scorgere il “doppio senso” del racconto… Il dialogo dal sapore “metateatrale” avrebbe meritato una revisione per essere reso un po’ meno “pedante”, più leggero e scorrevole, ma nell’insieme funziona.

Matteo:
Davvero un racconto ben riuscito. Il colpo di scena finale è ben anticipato (senza essere svelato) dal tono del dialogo, sempre esagerato e con una sfumatura di irrealtà. Più si avvicina al finale, più le parole dei protagonisti diventano poco credibili, eccessive. Adatte al palcoscenico e non alla vita reale.

Paola:
Efficace soprattutto la conclusione. Quando ormai ci si è adagiati sulla discussione (un po’ trascinata) tra vita e teatro e il regista ci è diventato cordialmente antipatico, il lettore viene sorpreso dall’applauso finale e dal fatto di trovarsi egli stesso nella piece. La scrittura è scorrevole, anche se ci sono alcune imprecisioni.

Pietro:
Il racconto scorre molto bene, ma ho faticato a capire dove volesse arrivare. A mio avviso manca di decisione nell’affrontare il tema principale.
I dialoghi, infatti, non appena trattano la questione vita-teatro, perdono la loro forma diretta e personale in favore di una forma più ideologica, quasi da manifesto: ci si aspetta che Giorgio si lamenti del regista troppo direttivo, e invece si lancia in una riflessione sul teatro in generale; ci si aspetta che la sua ragazza cerchi di trattenerlo facendo leva sul loro rapporto, e invece argomenta in maniera generica con carcerati, malati o poveri, con «squallore, sofferenza, solitudine e malattia».
D’altra parte, i momenti in questo senso più riusciti non dovrebbero esistere per ragioni formali. Mi riferisco ai passaggi «Giorgio scuote la testa, tentando un’ultima resistenza, vorrebbe spiegarle meglio cosa prova, ma non trova le parole adatte», e «Senza accorgersi si è infervorata». Se l’idea – come sembra e come credo sia giusto ai fini del racconto – è quella di una cronaca di ciò che accade sulla scena, frasi come queste sono degli autogol.