7 – IL VIAGGIO
Era bello tornare a casa dopo un viaggio così lungo.
Avevo chiuso gli occhi tentando di rilassarmi, ripensando all’ultimo anno della mia vita, mentre l’aereo prendeva velocità e si staccava dalla pista.
Erano passati dodici mesi da quando ero partita. Dodici mesi passati vagando per il sud America, cercando di comprendere come fosse stato possibile che il mio matrimonio fosse affondato così all’improvviso senza che io mi fossi accorta di nulla.
Era bello tornare a casa comunque, anche se sapevo che l’avrei trovata vuota. Anche se sapevo che il mio ormai ex marito si era portato via tutto, tranne il nostro letto.
Lo sapevo perché amici e parenti mi avevano bombardato di messaggi durante il mio primo mese di viaggio. Poi basta. Poi avevo deciso di chiudere ogni comunicazione con la mia vecchia vita e lasciare, solo a mia sorella, un nuovo numero di telefono per eventuali emergenze.
Sapevo che molti dei miei amici si sarebbero offesi, ma non mi importava. Andarmene era stata una scelta fatta proprio per allontanarmi il più possibile dal dolore di quella separazione.
Era bello tornare a casa, anche se sapevo che mia madre mi avrebbe abbracciato ripetendomi “per fortuna non avevate figli.” Come se il mio dolore non avesse nessun valore. Non c’erano figli e quindi non c’erano vittime. Io invece mi sentivo una vittima. Io ero la vittima. Ero stata abbandonata dopo quasi dieci anni senza una spiegazione, tranne la più ovvia del mondo. Era più giovane di me.
Era bello tornare a casa, anche se non ci sarebbe stato nessuno ad aspettarmi all’aeroporto. Era stata una mia scelta. Non avevo avvisato nessuno del mio ritorno. Volevo entrare nella mia casa vuota da sola. Volevo sedermi sul mio letto. Volevo capire se davvero ero riuscita a buttarmi tutto alle spalle. Volevo capire se la decisione di mollare lavoro, famiglia e usare i miei risparmi per fare il viaggio della mia vita era stata la scelta giusta. Non avevo lottato era stato il rimprovero che tutti mi avevano mosso.
“Dovevi togliergli tutto” aveva urlato mia sorella. “Devi sputtanare lui e quella zoccola con cui si è messo.”
Io non avevo avuto le forze per infuriarmi né con lui né tantomeno con la sua amante e forse non ne avevo nemmeno voglia. Partire e chiudermi quella porta alle spalle mi era sembrata la scelta migliore. Almeno migliore per me.
Ora stavo tornando, dopo un anno passato tra Colombia, Perù, Bolivia, Cile e Argentina. Ero cambiata in modo radicale in quei dodici mesi. Il mio corpo era cambiato. Ero più magra, più tonica. Avevo fatto ogni tipo di lavoro che mi avevano proposto. Avevo fatto la cameriera e la raccoglitrice di frutta. In Perù avevo perfino fatto la cuoca. Io, che ero sempre stata pessima tra i fornelli, avevo imparato a cucinare il filetto di alpaca. A trentotto anni avevo vissuto esperienze che mai avrei immaginato.
Anche il mio modo di vedere la vita era cambiato. Avevo conosciuto migliaia di persone che vivevano vite meravigliose e terribili allo stesso tempo, combattendo quotidianamente con difficoltà che io non credevo nemmeno esistessero. Di fronte alle loro lacrime e ai loro sorrisi tutti i miei problemi mi sembravano ridicoli.
Era bello tornare a casa e poter raccontare tutto questo alla mia famiglia. Dirgli che forse mio marito mi aveva fatto un favore, che la mia vita finalmente aveva acquistato un senso.
Il senso di sconfitta che mi aveva accompagnata durante il mio viaggio d’andata se n’era andato lentamente e alla fine aveva lasciato spazio a una nuova consapevolezza. Avevo preso in mano la mia vita e non l’avrei più mollata.
Le ruote dell’aereo toccarono terra. Ero tornata a casa. Presto avrei rivisto la mia famiglia. Mia madre mi avrebbe abbracciata e questa volta le avrei detto “mamma c’è un bambino. Il padre si chiama Juan, fa il barman in un locale della Playa de Toro. È più giovane di me mamma. So quello che pensi, ma non m’importa. Sono felice, molto felice. Chiudo le ultime cose in sospeso e mi trasferisco da lui.”
Sapevo che mia sorella mi avrebbe appoggiata. Era sempre stata dalla mia parte senza pregiudizi. Di tutti gli altri non m’importava nulla.
Era bello tornare a casa, ma sarebbe stato ancora più bello tornare in Argentina e cercare una nuova casa con Juan e il nostro bambino.
Valutazioni Giuria
7 – IL VIAGGIO – Valutazione: 25 Giud.1: La narrazione è scorrevole. “Il bello di tornare a casa”ripetuto più volte, con il desiderio di riabbracciare o forse no i familiari è un pò ditorto. Giud.2: bello l’argomento del racconto. interessanti le descrizioni e le emozioni. molto bello il cambiamento del protagonista durante il racconto. non scontato il finale. linguaggio chiaro e semplice Giud.3: Punti esclamativi mancanti, virgole fuori posto e qualche altro errore. Pare presto a soli 38 anni pensare della rivale: “Era più giovane di me” Se dopo una anno di viaggio ha già avuto un figlio, evidentemente le sono bastati 3 mesi per scrollarsi il dolore. Non va. Giud.4: Riconosco la penna e mi dispiace dovermi ripetere sui limiti e gli errori (tra cui ancora i congiuntivi). Proverò ad andare oltre: le narrazioni risultano petulanti, se composte da un’unica digressione sulle lamentele del protagonista-vittima delle circostanze della vita. Ciò che attirerebbe il lettore, sarebbe stato nella fattispecie, il racconto di Juan e degli episodi lasciati vaghi: “. A trentotto anni avevo vissuto esperienze che mai avrei immaginato”, “combattendo quotidianamente con difficoltà che io non credevo nemmeno esistessero”, “loro lacrime e ai loro sorrisi”. |