5 – UGUALMENTE DIVERSI
Non potevano essere più diversi di così, ma era molto tempo che l’uomo e la donna erano uniti nella stessa ricerca.
Sguardo verso il basso, sfogliavano ogni più sottile pagina del mondo, in quel prato sterminato, camminando, inconsapevolmente, l’uno incontro all’altra.
In silenzio.
Lei lamentava di non riuscire a trovare fiori resistenti e forti, che stillassero il loro profumo anche se strappati dalle radici, fiori che l’avvolgessero e la proteggessero di bellezza e colore senza appassire, senza piegare il proprio stelo fra le sue dita, come abbandonati. Cercava fiori che decorassero la sua casa con il carattere deciso della loro natura, con la sicurezza di poter contare sempre su una vitale esplosione di vita e rigogliosità in cambio di un po’ di luce, un nido di terra, un po’ d’amore e dedizione.
Lui, invece, cercava fiori da custodire, per ingentilire un po’ la sua casa spesso vuota, scarna ed essenziale. Avrebbe voluto la consolazione di poter posare gli occhi su una piccola bellezza, sapere che l’avrebbe atteso dietro ogni porta che si apriva, dietro ogni tempo che macinava lentamente cose e persone, come un conforto condiviso, un miracolo in bottiglia. Anche lui avrebbe dato in cambio qualche enorme briciola d’amore, perché il fiore potesse vivere tutto il proprio splendore, con tenace dolcezza e tenera forza, con profonda riconoscenza per tutti i doni che portava nella vita di lui, senza fargli sentire nessun cambio di stagione.
Così, compressi ognuno nella propria ricerca, entrambi accorciavano la distanza fra loro.
D’un tratto, colpito dal profilarsi di una figura sfocata entrata in punta di piedi ai lati del suo sguardo, l’uomo alzò di scatto gli occhi verso la donna che, però, rimaneva intenta a osservare il suolo, senza accorgersi che lui la stava guardando. L’uomo la fissò per parecchi istanti, affascinato da un so che nelle sue movenze, nella sua essenza.
Una risposta inattaccabile a un’accecante domanda interiore.
Vedendo che lei non aveva minimamente cambiato il suo fare, che continuava a tenere la testa bassa e che non sembrava assolutamente colpita dalla sua imprevista attenzione, non sentì quel conforto, l’abbraccio di quell’acqua senza sponde che stava cercando, quindi si convinse di sbagliare, si disse che stava togliendo troppo tempo prezioso alla sua affannosa, perenne ricerca e riabbassò il volto, di nuovo a far scorrere erba e colore sulla tela del suo sguardo.
Proprio in quel momento lei notò con la coda dell’occhio il movimento della testa di lui e, curiosa, alzò il viso. Lo vide impegnato a non guardarla, perso nel cercare, come fosse la cosa più importante al mondo. Eppure, nel guardare quell’uomo, sentiva dentro di sé sciogliersi resistenze antiche, sentiva come il bisogno di abbandonarsi, di sentirsi fragile e indifesa fra le sue braccia, come fosse l’unico posto davvero giusto dove stare e stare bene, per sentirsi protetta, finalmente e immutabilmente al sicuro. Per questo motivo indugiò su di lui più del necessario… ma quando vide che l’uomo non distoglieva l’attenzione dalla sua ricerca, nonostante lei lo guardasse con tutta l’intensità di cui era capace, si disse che probabilmente gli doveva essere indifferente e che, se veramente era quello giusto, lui non poteva non accorgersene in quel modo. Anzi, probabilmente, avrebbe dovuto in qualche modo sentire qualcosa che gli facesse interrompere la sua ricerca e far di tutto per conquistare lo sguardo di lei: a quanto pareva, quindi, non era ciò che stava cercando e, perciò, tornò anche lei, dopo poco, a rivolgere il volto al suolo.
Fu così che entrambi coprirono i pochi passi che ancora li separavano, a occhi bassi.
Quando si sfiorarono passandosi di fianco per, poi, proseguire ognuno in direzione opposta all’altro, l’aria sembrò fermarsi di colpo, come in una fotografia; sul terreno, nel punto esatto del loro incontro, comparve il germoglio di un salice che crebbe e pianse eternamente i suoi rami pendenti, come un monumento a tutte le occasioni perdute, a tutte le estreme verità inutilmente taciute.
Le stelle li guardarono assurdamente allontanarsi, impotenti.
Poi, dopo un impercettibile attimo, con le lacrime versate per l’acuta cecità umana, provarono un’altra volta a disegnare il loro comune destino.
Valutazioni Giuria
5 – UGUALMENTE DIVERSI – Valutazione: 28 Commento: E’ un racconto malinconico e delicato, come la metafora che lo chiude. Lo stile narrativo, volutamente lento, contribuisce ad accompagnare l’immagine. |