4 – TRINCEA
Iniziavano i primi freddi. La temperatura scendeva inesorabilmente da giorni. Un silenzio irreale dominava la valle. Il giovane tenente rabbrividì, alzandosi il bavero. Si accese una sigaretta e decise di fare il giro della trincea per scaldarsi.
Iniziò a piovere. Una pioggia gelida, sferzata dal vento. Nel giro di pochi minuti il terreno si trasformò in fango viscido. I suoi stivali iniziarono ad affondare.
Alcuni soldati dormivano appoggiati alla parete di sassi. Il pastrano, buttato sulle spalle, era l’unica cosa che li riparava dal freddo.
Il tenente li superò e s’infilò in una strettoia. Sospirò, offrendo il viso alla pioggia battente. Era in prima linea da sette giorni, ma iniziava già a provare un profondo senso di oppressione.
Superò il restringimento e si trovò davanti un vecchio sergente che tentava di togliere uno scarpone ad un soldato.
Il ragazzo mordeva un pezzo di stoffa per non urlare. La sua testa si muoveva rabbiosa quasi volesse staccarsi dal collo. Il suo sguardo incrociò quello del tenente. Non doveva avere ancora vent’anni.
“Allora? Mi aiuti” gridò il sergente. “Lo tenga fermo.”
Il tenente s’inginocchiò e prese la gamba del ragazzo. Quando il sergente tolse lo scarpone un puzzo di carne in putrefazione aggredì l’aria. La calza si era incollata al piede e furono costretti a tagliarla con un coltellino. Il giovane soldato svenne. Il busto iniziò a scivolare lungo la parete di fango. il tenente lo trattenne per il bavero.
“Cancrena” sussurrò il sergente osservando il piede del ragazzo. “Bisogna amputare. Devo avvisare le retrovie. Se non lo operano subito morirà.”
Il tenente rimase solo con il giovane soldato. Osservava il suo petto che si alzava a scatti.
La pioggia continuava a cadere feroce. Il vento di bora soffiava senza sosta. Un rivolo di acqua gelida si era fatta strada sotto il cappotto del tenente. S’impose di non tremare.
Dopo alcuni minuti il sergente tornò con un paio di soldati che caricarono il giovane su una barella improvvisata. Il tenente rimase in ginocchio ad osservare il gruppo di uomini che si allontanava.
Quando sentì i piedi e le mani che iniziavano a congelarsi decise di alzarsi. Continuò a camminare rasente il muretto della trincea. La pioggia si era trasformata in aghi di ghiaccio che sferzavano il viso e rendevano difficile tenere gli occhi aperti.
All’improvviso il tenente inciampò su un corpo seduto a terra. Si piegò sull’uomo. Un ghigno gli attraversava il viso. Il corpo era gelido. Un rivolo di sangue ormai secco era sceso dalla tempia fino al collo. Il tenente cadde seduto e non riuscì a trattenere un grido.
Un paio di uomini comparvero alle sue spalle. Guardarono il cadavere senza tradire la minima emozione. Uno dei due mise una mano in tasca e prese un pacchetto di cicche. “Hai vinto” sussurrò allungando le sigarette verso l’altro.
Il tenente osservava quella scena surreale senza riuscire a smettere di tremare. I due soldati tentarono di sollevare il cadavere. I piedi scivolarono nel fango. Uno dei due cadde sulle ginocchia imprecando.
Si voltò verso il tenente che era ancora seduto a terra, le ginocchia strette al petto.
“Pensa di darci una mano?” chiese l’uomo, fissandolo con uno sguardo carico di disprezzo.
Sì alzò e li aiutò a issare il cadavere su una tavola di legno.
“Cos’era quello scambio di sigarette?” chiese, cercando di riprendere un po’ di autorità.
“Quale?” chiese l’uomo che aveva ricevuto il pacchetto.
Il tenente sopirò, fissandolo. “Non far finta di non capire.”
Il soldato alzò le spalle. “Erano due giorni che delirava. Parlava a sua moglie come se fosse qui.”
“Quindi?” incalzò il tenente.
“Quindi abbiamo scommesso. Io ho detto che non avrebbe superato la notte e che si sarebbe ucciso” sibilò il soldato in tono di sfida.
“Fate così qui? Invece che aiutare i vostri compagni scommettete sulle loro vite.”
Un sorriso beffardo comparve sul viso del soldato.
“Da quanto è qui tenente? Io sono qui da un anno. Questo sarà il mio secondo inverno. Presto il suo corpo non smetterà mai di tremare, di freddo, di fame, di paura. Le urla dei soldati feriti o impazziti le penetreranno nella testa. A quel punto la sua unica preoccupazione sarà sopravvivere.”
I due uomini se ne andarono, trascinando la tavola con il corpo. Solo il freddo umido della trincea rimase a fargli compagnia.
Valutazioni Giuria
4 – TRINCEA – Valutazione: 30 Gaia: Un racconto ben scritto e ben ambientato, che scorre bene e si fa leggere volentieri. Non risulta però mai particolarmente incisivo: è come se gli eventi scivolassero inerti davanti al lettore. Matteo: Il racconto ha il respiro delle grandi narrazioni di guerra. Il protagonista si ritrova in una situazione estraniante: non sa che fare, se non dare una mano. Il gelo iniziale cala a poco a poco sulle cose e ci si domanda se presto non prenderà anche lui. Paola: Sarà che ho una gran passione per la storia e per la la Prima Guerra Mondiale in particolare, ma devo ammettere che il racconto è efficace, davvero ben scritto e ben tratteggia, con un misto di compassione e disincanto, i giorni della trincea. Suggerisco all’autore, se già non l’avesse fatto, di leggere “Fiori di roccia” di Ilaria Tuti: proprio una bella storia. Pietro: Uno scorcio ben fatto della vita in trincea, una passeggiata innocua che rivela al protagonista l’inferno in cui è finito. Manca forse un filo conduttore ben definito. Se il tenente avesse una caratterizzazione più forte (un obiettivo, dei pensieri, delle paure… se fosse, insomma, qualcosa di più di una macchina da presa che gira per le trincee), il racconto sarebbe ancora più riuscito. |