33 – Il viaggio più bello

10 Dic di editor

33 – Il viaggio più bello


Ora lo so: non è sempre vero che le scelte più sagge le compie chi ha i capelli bianchi…Eppure era così convincente. Tutti quella sera rimasero come inebriati dal suo racconto. Alla fine dell’incontro cercai di raggiungerlo facendomi largo tra il pubblico che, come me, avrebbe voluto anche solo toccargli una mano. Nell’avvicinarmi la folla divenne un muro e rinunciai. Rimasi comunque in fondo alla sala per qualche minuto, come per riprendermi da quello che avevo visto e sentito.

La mattina dopo la mia giornata riprese come era finita la precedente. La vita in campagna è sempre uguale a sé stessa. Lo scorrere delle stagioni, la messa della domenica, la festa patronale, gli stessi amici conosciuti a scuola con cui vedersi tutti i sabato sera nell’unico bar del paese. Giulia era stata una mia compagna delle elementari. Come nel gioco della sedia ci siamo fidanzati…prima che le sedie finissero. Non ricordo di aver mai scelto di sposarmi, avere una famiglia, i figli, la casetta di fianco ai suoceri.

Quell’incontro mi aveva aperto gli occhi facendomi conoscere luoghi lontani, storie e persone che non immaginavo nemmeno esistessero. La mia vita sembrava così piccola nella sua quotidianità scandita solo dalla pioggia, dal sole, dalla nascita di un vitello o dalla mietitura del grano. Non volevo più finire la mia esistenza come i miei genitori, che ancora oggi quando mi incontrano mi chiedono dov’è la mamma o il papà.

Avevo tenuto il volantino di invito dove era indicato un numero di telefono da contattare per informazioni o curiosità.

Non avevamo il telefono in casa e raramente ci capitava di avere la necessità di chiamare qualcuno senza dovergli bussare alla porta. Tre volte alla settimana però dovevo portare il latte al consorzio. Lungo la strada c’era una cabina a gettoni, mi sarei fermato lì per chiamare. Per giorni non rispose nessuno alle mie chiamate. Avevo quasi rinunciato quando una voce di donna alzò la cornetta. Non ero pronto alla risposta. Cercai di formulare qualcosa che somigliasse anche solo vagamente ad una richiesta di informazioni, quando una voce maschile mi chiese nuovamente chi fossi. Era lui. Mi disse che in quel momento era molto impegnato e decidemmo per successivo un appuntamento telefonico.

Non volevo arrivare in ritardo, anche se quel tragitto non era che di pochi chilometri. Temevo di incontrare qualcuno che, raccontandomi inutili storie sui parassiti del granoturco o sull’organizzazione della sagra della fava, mi avrebbe potuto trattenere. Per la paura che qualche militare di passaggio avesse potuto occupare la mia cabina attesi l’ora convenuta chiuso all’interno della cabina stessa, con il sole a picco e le tasche piene di gettoni.

Come da istruzioni ricevute, avevo portato una matita ed un foglio sul quale segnai ogni sua indicazione.

La mattina dopo salutai tutti senza dire nulla della mia partenza, mia moglie rimase solo stupita dalla carezza che le diedi sui capelli. Fissai a lungo i miei figli, andai a salutare i mei genitori e partii con quello che riuscii ad infilare nel mio vecchio zaino militare.

Quel vecchio dai capelli bianchi fu il mio mentore per i 2 anni successivi. Partendo dalla Tunisia e passando per l’Africa siamo arrivati in India. Vedere un elefante mi sembrò come aver vissuto mille vite. Ogni luogo era il perfetto inizio di una nuova esistenza. Nessuna responsabilità, gli errori e le paure venivano abbandonati insieme al luogo che lasciavamo. Ogni giorno incontravamo persone con le quali sembrava di essere come fratelli di sangue.

Poi una sera scoppiai a piangere. La verità era che non avevo più nulla. Per ingannare la malinconia che sentivo avrei dovuto viaggiare senza nemmeno sostare, trovare posti ancora più lontani e sconosciuti. Ma sapevo che sarebbe arrivato il giorno dove nulla poteva ingannare quella mancanza. Viaggiare è solo una illusione, se non hai una casa dove tornare.

Tornai in un immobile pomeriggio afoso. Mia moglie quando mi rivide non pianse. Lo fece molti giorni dopo senza che io me ne accorgessi, piangeva come se stesse ringraziando qualcuno. I miei genitori prima di abbracciare me si abbracciarono tra di loro.

I miei figli mi chiamarono subito papà. Non avevano bisogno dei capelli bianchi per amare il loro padre, come se quei 2 anni non fossero mai esistiti.


4 Commenti

  1. Il problema di questo racconto è che scorre troppo bene. Questa fluidità sarebbe infatti più apprezzabile se non portasse via con sé la gran parte del contenuto umano della storia.
    Innanzitutto non viene detto nulla di sostanziale riguardo al motore della vicenda: chi è il guru misterioso? Per quale motivo il protagonista è affascinato proprio da lui? Rispondere a queste domande avrebbe definito meglio il suo desiderio di cambiare vita, rendendolo un personaggio più «vivo».
    Allo stesso modo, benché si intuisca un conflitto tra la voglia del protagonista di partire e l’affetto per la sua famiglia, questo si concretizza soltanto in pochi gesti (la carezza alla moglie il giorno della partenza e il pianto di lei qualche giorno dopo il ritorno).

  2. E’ un racconto vero, vero nel profondo perché ben descrive il desiderio di fuga da ciò che abbiamo di caro, ma che spesso diamo per sconato, e, allo stesso tempo, la gioia di riassaporare tutta la ricchezza che ci circonda, una volta scoperta. E non bisogna essere anziani per capirlo, bisogna avere il coraggio di vivere.
    Ben scritto.

  3. La lettura è scorrevole e la forma piuttosto buona, con l’eccezione di alcuni passaggi che potrebbero essere rifiniti meglio.
    L’ambientazione è ben definita e il protagonista riesce a essere profondamente realistico e convincente nella sua angoscia di rimanere intrappolato in una vita che crede di non aver mai scelto per sé.
    Il racconto mi sembra però sbilanciato: sono descritte molto bene le motivazioni che spingono il protagonista a partire, vengono invece esplicitate troppo rapidamente quelle che lo convincono a tornare.
    Proverei ad approfondire maggiormente il personaggio del vecchio mentore, che per ora risulta sfuggente.

  4. Il racconto scorre con semplicità, senza particolare colore. Il disagio del protagonista poteva forse essere espresso con maggiore intensità, così come lo “strappo” della partenza e la decisione di tornare a casa. I passaggi, pur interessanti e significativi, sono raccontati in modo un po’ sbrigativo. La accoglienza senza drammi da parte dei famigliari abbandonati per due anni, pur piacevole come lieto fine, risulta un po’ irreale. Il protagonista ha fatto un percorso che lo ha reso consapevole di cosa realmente desiderasse dalla vita, ma le persone che gli ruotano attorno risultano alquanto statiche. Molto interessante la riflessione centrale: “Viaggiare è solo una illusione, se non hai una casa dove tornare.” che infonde significato all’intero racconto. Qualche incertezza nell’uso dei tempi verbali, ma nel complesso scritto correttamente.

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