30 – Dolcezza
<Tutta colpa della pastiera>
<Ma smettila!>
<È così>
<Se non te la senti vado io, non inventare scuse!>
Ciro e Antonio stavano lì, in cima alla scogliera, guardando il vuoto che li separava dal refrigerio dell’acqua in quella giornata di agosto.
Quanto abbiamo letto all’inizio è però una traduzione della conversazione che i due ebbero quel giorno.
Ciro e Antonio, mai stati a scuola, parlavano solo in dialetto stretto. Ma uno era napoletano, l’altro veneto, e dire che si capissero completamente sarebbe menzogna.
Avevano entrambi 12 anni e la scogliera che li sosteneva nell’attesa del tuffo era in Grecia, in una Santorini degli anni 70, quando era ancora meta appropriata per chi cercava una vacanza selvaggia.
Vi chiederete ora, cosa ci fanno un veneto e un napoletano in cima a una scogliera di Imerovigli nell’agosto del 1972, cercando di incolpare un dolce partenopeo per il ritardo nel salto?
Vedranno i lettori che questa storia è quanto successo, anni prima e anni dopo a chi preadolescente si è trovato in vacanza così lontano da casa.
I nostri giovani intrepidi (o almeno così vorrebbero essere ricordati), si erano conosciuti in spiaggia quando a uno dei due parve di sentire un idioma simile al proprio, anche se non totalmente comprensibile. Appurato che fosse più facile parlare fra loro che con i locali, iniziarono le loro scorribande estive, finché un giorno arrivarono a un locale che sull’insegna riportava un’inaspettata proposta dolce: pastiera.
Ciro voleva assolutamente che il suo nuovo amico l’assaggiasse, per fargli scoprire un po’ della propria terra.
Entrarono e la videro. La ragazza al bancone, occhi verdi e capelli neri. Un po’ più grande di loro, ma non importava, perché era bellissima e loro se ne erano accorti. Entrambi.
Si guardarono e decisero di prendere un pezzo di pastiera, poi sul marciapiede la mangiarono. Non era per niente buona e Ciro lo sapeva, ma voleva una scusa per tornare dalla ragazza. Quello che non sapeva, era che nemmeno ad Antonio era piaciuta la pastiera, ma ahimè, anche lui aveva notato gli occhi di lei.
Quindi Antonio finse, e rientrò per primo a prendere un’altra fetta.
Una volta dentro, l’unica conversazione che ebbero fu: <<Ciao, pastiera>>, ma tanto bastò per uscire dal negozio e dire a Ciro che la ragazza gli aveva sorriso. “Secondo me le piaccio!”.
Mangiarono la seconda, mediocre fetta, che Ciro sentì anche peggiore della prima, perché il sapore era mischiato ai pensieri che ruminava mentre cercava il modo di rivederla.
E cari lettori, Ciro entrò a prendere la terza porzione di pastiera, con la scusa di spiegare nel dettaglio al suo amico Antonio, perché quella che fa sua nonna è più buona, la più buona.
Ciro entrò, Antonio sbirciava da fuori.
Il tentativo della ragazza di trattenere la risata che le suscitava il siparietto, ebbe come risultato un sorriso ancora più bello di quello che aveva accolto i nostri al primo ingresso.
Parlò lei, disse “Ciao, pastiera”, prendendo in giro i due ormai perdutamente innamorati.
La terza fetta fu la fine di una inaspettatamente abbondante merenda, e l’inizio di una discussione che rischiava di interrompere la neonata amicizia fra i due.
L’oggetto del contendere, immaginerete, fu di chi dei due fosse lei innamorata.
Fecero quindi quello che fanno i maschi dall’alba dei tempi: si sfidarono a duello.
Chi faceva il tuffo più bello, sarebbe tornato a chiederle di diventare la sua ragazza.
Trovarono scuse, ognuno la usa (fra le quali anche quella della pastiera, che abbiamo sentito quando siamo tornati insieme a rivedere quel giorno), finché si fece appena appena buio e, per la prima volta quel giorno, furono d’accordo su qualcosa. Rimandare la sfida, troppo importante per rischiare che la poca luce non mostrasse l’estrema tecnica e sopraffina abilità che, ovviamente, avrebbero espresso.
Tornarono in bici nel tramonto, mentre ognuno dei due pensava a un particolare diverso del suo viso, al suo sorriso e ai suoi occhi che aspettavano di rivedere lui e soltanto lui.
La ragazza nel frattempo chiuse il negozio e, tornando a casa, pensò alla nonna che l’aspettava a casa, al piccolo fratello con cui avrebbe giocato, al libro che aveva iniziato a leggere e a quanto era bello quella sera il colore del cielo.
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