3 – Nebbia di delirio

21 Nov di editor

3 – Nebbia di delirio

Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi. 

La sveglia crudele che suona, il pensiero martellante: “No dai, lasciami dormire un altro po’”. Poi un riluttante scivolare in bagno tra luci abbarbicanti e acqua troppo fredda. Il caffè che va di sopra.

Solite cose, tutto bene.

Poi, coraggiosamente, aprii la finestra per trovarmi davanti un muro di nebbia e l’ombra di rami sufficientemente vicini per poterli intuire. E, a quel punto, la rivelazione: sentivo il rumore di gocce, ma non le vedevo.

Come poteva essere che vista e udito non fossero coerenti?

Forse ero io. Eppure non avevo mai notato difetti di questo tipo. Strano.

Il problema era uno: dovevo decidere, determinare, se quel giorno pioveva o meno. Era iniziato tutto nel migliore dei modi e mi trovavo, dopo pochi minuti dall’inaugurazione di quella nuova giornata, già perplessa: anche un bambino sa dire se piove o meno.

Perchè le cose o sono o non sono. Ce lo hanno sempre insegnato a scuola: la risposta al problema è sempre una. In logica gli stati sono due: vero o falso. E questo estremo sunto è corretto, perchè su questo assioma abbiamo costruito macchine e rivoluzionato addirittura la società. Non potevo far cadere tutto – io.

Non mi piaceva non sentirmi sicura, perchè poi tutto appariva più appannato. Prima vedevo solo il mio sentiero, arzigogolato ma unico, poi era come se la prospettiva si allargasse e mi vedevo in un labirinto. Aiuto! Odio i labirinti. E pensare che tutto era iniziato nel migliore dei modi.

Il destino mi aveva giocato un brutto scherzo: ero obbligata ad accettare che non piovesse, ma che gocce cadessero sulle foglie… ed era ovvio che gli alberi non piangessero.

Ero proprio in loop, in un uroborico stato mentale che stava confondendo tutte le mie certezze.

Guardai il gas sporco del caffè fuoriuscito dalla moka e sentii una voce dire: “E questo lo chiami andare nel modo migliore?”

Di colpo i biscotti stantii non erano più sufficienti, la tovaglia briciolosa mi disturbava, addirittura la luce del lampadario era troppo fioca. Tutto stava gocciolando senza che piovesse.

Ecco, avevo fatto un casino. E non trovavo più la strada del ritorno.

In auto direzione lavoro: la solita coda. 

E quella voce, ormai conosciuta, che sussurrava: “Ma chi è quello scemo che ti ha convinto che va bene così?” 

Ero vinta, non sapevo rispondere. 

Chi mi aveva convinto che la vita doveva girare intorno ad un lavoro, che tra l’altro ora scoprivo di non amare? 

Certe cose non vanno messe in discussione: sono dogmi, leggi e chi non le segue è un frikkettone fuori dal mondo. Mentre io nel mondo volevo esserci dentro.

Ero stata bravissima fino a quel momento: avevo i miei profili social densi di buongiorni a sconosciuti e con ritratti tutti i pasti decorosi degli ultimi anni. Lasciavo che mi rovinassero tutte le cene a suon di notiziari deprimenti, poi ci si stupiva dei miei problemi di digestione. 

Andavo a lavorare, timbravo il cartellino ed eseguivo. Andavo in palestra, prendevo la mia scheda ed eseguivo. Eseguivo. Eseguivo. Eseguivo.

La strategia del gioco era non avere tempo di chiedersi il perchè.

Ormai, nonostante la giornata iniziò nel migliore dei modi, ero alla deriva e tutti i perchè che non mi ero mai chiesta mi sovrastavano. Mi ricoprivano. Mi annegavano. 

E annaspavo spaventata. 

Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? Perchè? 

Quella giornata iniziò nel migliore dei modi: la natura sussurrò nel mio cuore il pensiero della libertà e rimbombando dentro di me si creò un boato che dapprima fece scricchiolare, poi frantumò le mie catene.

Mi trovavo di nuovo al punto di partenza, ma questa volta vedevo tante diramazioni nel mio cammino. E non le temevo più. La nebbia era sparita.




3 Commenti

  1. L’idea non è male, ma non è argomentata nel migliore dei modi… Bello il passaggio dalla negatività dello smarrimento iniziale alla positività che proprio questo smarrimento permette di innescare. Purtroppo, ci sono diverse scorrettezze (“io NEL mondo volevo esserci DENTRO: ridondante”; “buongiorni”, indebitamente al plurale; “la natura sussurrò nel mio cuore…”: l’intera frase non sta in piedi dal punto di vista sintattico….).

  2. Descrivere una persona delirante è sempre una sfida. In questo racconto è vinta a metà: nella prima parte seguiamo il pensiero confuso della protagonista all’interno della cornice efficace della sua stanza, della casa e anche degli alberi nella strada; dal momento in cui sale in macchina però, la narrazione viene un po’ annacquata e perde smalto, diventando un vaneggiare in cui il lettore rischia di staccare la spina.

  3. Risalta all’inizio la semplicità delle cose ordinarie e delle azioni scontate: alzarsi la mattina, il caffè, il lavoro. Ma questi gesti risultano subito dopo quasi sublimati dal modo in cui vengono raccontati e da semplici risorgono in significativi, quando in un attimo l’ovvio diventa oltre: oltre la nebbia che copre tutto. Bello il parallelo ambiente-sentimenti e la voglia improvvisa della protagonista di approfondire la quotidianità, attraversarla. Poi il dubbio. Siamo difronte al testo della scoperta e del trasformarsi da spettatore a partecipe della vita, dove l’autore inverte la direzione dei concetti: in curve della narrazione che seguono il filo logico del pensiero della protagonista che cambia e insegue nuove mete. Interessante la riflessione a metà racconto del chiedersi il perché delle cose: poetica e potente l’immagine della natura che istiga alla libertà.

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