3 – LA SFIDA
“Ma dove scappi così di corsa, Giorgio? Aspettami, vengo con te”
A quelle parole mi fermo, mi volto. Lo riconosco.
“Aldo, Aldo Mei! Ma che diavolo ci fai qui, vecchio pirata?”
“Oh, dopo. Dimmi tu, piuttosto”
Indico con un ampio gesto il paesino poco più a valle.
“Suggestivo, vero? Peccato che da quando hanno aperto la superstrada stia lentamente morendo. E dire che la vista sul mare è di una bellezza…”
“E quindi?”
“Quindi, interveniamo noi di Ex Novo. Acquistiamo le case, le ristrutturiamo se occorre et voilà! Ecco che un paese morente come Collemezzo diventa un magnifico albergo diffuso…”
“Ok. E gli abitanti?”
“Oh…hanno fatto, chi più chi meno, un po’ di manfrina ma alla fine ho convinto quasi tutti. Manca solo il proprietario della autofficina Mia, dove la gente del posto fa rimettere in ordine trattori, mietitrebbia, cose cosi, da contadini…”
Mi blocco, sento il gelo nelle ossa. Mia Belli, come avevo potuto dimenticare?
Ero stato anche testimone, buon Dio!
Lui fa un ghigno storto, mi punta il bastone verso il petto.
“Oh, ci sei arrivato…Ho dato il nome di mia moglie all’officina quando è morta di un tumore ai polmoni, sei anni fa. Fumava, e come se fumava. Però cucinava da Dio. Forse un po’ troppo condito, per le mie vene e il mio cuore. Ma, accidenti che goduria!”
Un quarto d’ora dopo, sono seduto al suo fianco a guardare il mare lontano e non solo…
“Perché quell’ambulanza?”
“Oh, niente. Un problema ai semiassi. Ah, sai che Giulia è diventata volontaria della CRI?”
“Giulia tua sorella?”
“E chi se no? Da quando è finita col Teo vive qui, con me. Certo, lei è invecchiata meglio. Buono sto Vermentino, eh?”
Appoggio il bicchiere sul tavolino arrugginito, indico quella roba bianca e azzurra chiamata Mia Riparazioni e Manutenzioni con il suo corredo di rottami…
“Aldo, per la miseria…mi dici perché ti incaponisci così? Mi dici a cosa ti serve sto ca… di officina se i clienti non ci sono più?”
Ancora quel sorriso storto…
“Ti ricordi i vecchi tempi, le nostre sfide in auto?”
“Cosa vuoi dire?”
Apre un cassetto del tavolo, ne prende una cartina.
“Questo è il piazzale dell’ospedale di Riva. Partendo da Pianalto ci giungi o raggiungendo la superstrada e uscendo a Mongallo o facendo la costa, vedi? Il bello è che il navigatore da gli identici tempi di percorrenza, anche se, a dire il vero, la litoranea in questa stagione è trafficata, per non parlare dei quattro semafori che la interrompono a Cabassa e Coltorto…”
Lo interrompo.
“Ok, ho capito. E quindi?”
“Quindi al mattino di dopodomani, alle otto in punto, ci troviamo nella piazza di Pianalto e partiamo. Tiriamo a sorte sul tragitto che percorreremo e via; se arrivi prima tu l’officina è tua e magari anche Giulia, chi sa, le sono sempre piaciuti i vincenti”
“E se…?”
“Sai, Giorgio? Penso che tu abbia ragione: è inutile tenere in piedi una baracca come questa se clienti non ce ne sono più. Se vinco, l’albergo che stai progettando è mio”
Ridacchio tra me mentre corro sulla superstrada.
Per portare a termine un’impresa come trasformare un paese in albergo non si dovevano solo convincere i proprietari delle case a vendere, c’erano conoscenze, da coltivare.
Era bastata una telefonata all’assessore alla viabilità del comune di Riva per convincerlo a regolare il timer dei quattro semafori sulla litoranea perché scattasse il rosso quando una certa auto gli si avvicinava.
Oh, non che ci contassi molto, sul rispetto delle regole da parte del vecchio pirata, ma se voleva portare a casa la pelle, e magari non falciare qualche vecchietta…
Arrivo all’ultimo incrocio.
Verde, bene.
Mi blocca la sirena di un’ambulanza, la faccio passare, mi accodo, arrivo al piazzale.
Nessuna traccia di Aldo e della sua Mini, accendo una sigaretta.
La donna che scende dall’ambulanza si gira un attimo verso la mia direzione e il cuore mi si ferma.
No, non è invecchiata male, Giulia. Proprio no.
Vado verso di lei come un automa.
Lei alza gli occhi, mi guarda, mi riconosce. Dovrei gioirne, ma il gelo non mi lascia…
“Stavamo riportando l’ambulanza al deposito, quando ho visto la Mini in un fossato. Un malore, visto che non c’erano segni di incidente”
“Come un malore?”
“Oh, non lo sai? Ha una brutta cardiomiopatia dilatativa, è in attesa di trapianto”
FINE
Valutazioni Giuria
3 – LA SFIDA – Valutazione: 20 Gaia: Il racconto non sta tanto in piedi: la trama non è adeguatamente strutturata. Il dialogo fra i due protagonisti non convince, né tanto meno l’idea della gara. I vari passaggi non sono chiari, non sono naturali e risultano privi di colore. Anche il finale manca di patos e lascia il lettore un po’ in sospeso, come se la sfida non avesse avuto una conclusione. La scrittura, invece, è coerente e corretta. Matteo: Nel complesso il racconto non è molto credibile. Se davvero Giorgio si è occupato dell’acquisizione delle proprietà del paese, dovrebbe già essere al corrente della situazione di Aldo. Sarebbe più naturale se, incontrandolo per strada, cercasse di evitarlo: in questo caso la frase dell’incipit sarebbe davvero perfetta. La sfida tra i due è decisamente poco realistica: non si capisce per quale ragione Giorgio dovrebbe mettere a repentaglio il suo lavoro senza alcuna motivazione. Paola: L’esordio denuncia una confidenza tra i due personaggi che tuttavia stride poi con il fatto che il protagonista non è al corrente che il proprietario dell’autofficina sia in realtà l’amico di vecchia data. La sfida alla “Fast and Furious” tra due uomini attempati è poco realistica ma dà un tocco di vitalità. Ci sono alcune imprecisioni stilistiche. Pietro: Il racconto non genera la tensione necessaria alla rivelazione finale. Credo che il problema sia strutturale: l’idea della sfida avrebbe potuto essere sfruttata meglio, magari iniziando nel mezzo della gara e ricostruendone a poco a poco l’importanza con un paio di flashback. Nelle singole scene la prosa scorre; la storia è pensata nella sua interezza con un’ottima economia dei dettagli, sempre funzionali. |