3 – Umane emozioni

6 Dic di editor

3 – Umane emozioni


Ora lo so: non è sempre vero che le scelte più sagge le compie chi ha i capelli bianchi. Il Tempo, tuttavia, gli conferisce, spesso, una saggezza sconosciuta anche ai più impavidi e innamorati. Mio nonno, che da sempre amava i racconti greci, soleva narrarci la vicenda di Orfeo ed Euridice, per farci comprendere come, la scelta giusta, non sia per forza, quella che appare più spontanea. Iniziava sempre con un sospiro, scostando il suo ciuffo di capelli brizzolati. “Ragazzi sappiate che la breve vita di Euridice fu recisa dal morso di un serpente. Orfeo, il suo amato sposo, errava desolato nella disperazione della perdita subita, quando gli apparvero due donne: una dall’aspetto gelido, l’altra con sembianze cangianti. Quest’ultima gli si rivolse: «Orfeo, vieni con me, questo è il tempo del coraggio. Il mio nome è Prima Volta. Sono l’azzardo, nemico delle probabilità e dei conti, sono l’avventura. Vedi quell’antro buio? Per quella via ti accompagnerò nell’Ade, se vorrai riprendere Euridice». Anche l’altra parlò: «Non andare, Orfeo. Io sono Nessuna Volta. Non osare oltre il lecito: le conseguenze sarebbero terribili. Non farlo». Turbato, Orfeo guardò entrambe le donne ma poi si lasciò guidare dal filo della prima ed entrò nella grotta che portava al regno dei morti. Entrambe lo seguirono. Orfeo, giunto al cospetto di Ade e Persefone, chiese indietro Euridice. Intonò un canto struggente come un tramonto acceso di stelle. A tale melodia, persino l’aquila di Prometeo si distolse dal crudele pasto al ricordo dei compagni di nido. Le terribili Furie piansero, mentre gli alberi anneriti da stagioni dolenti si protendevano in ascolto.  Il Dio degli inferi, commosso per l’improvvisa memoria di emozioni così rare nel suo regno, puntò lo scettro verso la donna dallo sguardo gelido. Ed ella disse: «Orfeo, questo è il tempo dell’ubbidienza. Io che sono Nessuna Volta, ti libererò dal fardello delle scelte e delle responsabilità. Governerò i tuoi pensieri. Sarò la regola e non mi metterai in discussione. Potrai ricondurre Euridice tra i vivi, ma andrai avanti da solo e lungo il cammino non ti volgerai mai verso la tua sposa, o la perderai ancora». Orfeo accettò. Sulla strada del ritorno egli era preda dal tormento: e se Ade avesse voluto vendicarsi con un trucco? Perché non udiva né il respiro né il passo alle sue spalle di Euridice? Il dubbioso Orfeo sentì dentro sé una responsabilità troppo incombente per la sua età. Quanto avrebbe voluto che tutto ciò gli fosse capitato in età vetusta, per esser certo delle proprie scelte. Fu raggiunto dalla donna cangiante: «Guardami. Io sono Seconda Volta. La ripetizione, il ritmo. Sono il segno della volontà, del dubbio. Io posso essere armonia, ma anche incertezza. E tu hai bisogno di conferme, lo vedo. Voltati, Orfeo. E’ questo che vi rende umani, facendovi amare gli altri – di cui avete bisogno, tutti – e non la fredda e morta perfezione. Io sono la vita, la ricerca famelica di continuità, lo spazio di incessante domanda tra un battito del cuore e il successivo» Il nonno si congedò un attimo dal terminare il racconto. Sembrava fosse lui, Orfeo, divenuto vecchio ma consapevole: “Orfeo, colto dall’incertezza della gioventù, si voltò. Galeotto fu il gesto. E Seconda Volta diventò Ultima Volta.” ci disse il nonno con rammarico. “Non sempre l’avanzare dell’età porta alle scelte migliori. Io, ancor oggi, mi sarei voltato, come fece Orfeo, in quanto animato dalle mie umane emozioni e timori.” Nessuna Volta rise con sprezzo ma Ultima Volta chiamò suo figlio, Ricordo. 
E Ricordo cominciò a cantare della passione che sfida la morte, grazie alla follia della gioventù che Orfeo non osò perseguire, perché sì, Euridice era proprio dietro a lui. “Ragazzi miei- concluse il nonno- non è il Tempo a scegliere la strada giusta da intraprendere, ma la nostra caparbietà e fiducia. Non cedete, come fece Orfeo, e tanti dopo di lui, al misero abbraccio del Ricordo. Abbiate fiducia nelle vostre capacità e nei vostri azzardi. Solo così avrete una storia che valga la pena di essere raccontata.


4 Commenti

  1. A una prima lettura il racconto, pur essendo ben scritto, risulta eccessivamente complesso. Non ha la semplicità e l’immediatezza che, almeno a un primo livello di comprensione, dovrebbe avere il mito.

  2. Il racconto è delicato e toccante, tuttavia il collegamento con l’incipit appare meno evidente di ciò che sarebbe stato necessario. E’ forse uno dei pochi difetti del testo, accanto ad alcuni errori evidenti sul piano stilistico nelle frasi di apertura. Peccato perché la narrazione è piacevole e ben costruita

  3. La trama è un po’ contorta, pur prendendo origine da un mito antico. Ci sono diverse contraddizioni, fra l’azzardo, l’istinto, l’impeto dei giovani e la pseudo saggezza e riflessività degli anziani… Le distinzioni non sono chiare e spesso gli opposti si sovrappongono e si confondono. Non si capisce bene cosa sia la “follia della gioventù che Orfeo non osò perseguire”, visto che invece Orfeo si è proprio fatto tentare dall’azzardo… Si dice un po’ tutto e il contrario di tutto… La narrazione è poco fluida, la punteggiatura spesso mal collocata.

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