28 – Neve

28 Dic di editor

28 – Neve

Iniziavano i primi freddi nel villaggio di Berg e l’umore dei paesani mutava di pari passo col tempo.

Stretto nella pelliccia di scoiattolo, poggiai la schiena al muro di pietra del mastio, lo sguardo fisso sul combattimento in atto dinanzi a me.

Sapevamo tutti cosa portava il freddo: le giornate si accorciavano e Dio ricopriva con un gelido manto bianco le mura del castello, mentre il digiuno settimanale in suo onore non serviva più solo a purificare l’anima, ma diventava anche l’unico modo per non esaurire troppo presto le scorte di grano.

Ma quest’inverno sarà diverso… Presto sarò finalmente libero.

Una mano pesante atterrò sulla mia spalla sinistra, facendomi trasalire.

“È il tuo amico Alder, quello là? Diavolo, ha un vero talento con la spada!”

Mi voltai verso il sorriso stupefatto sulla barba scura di mio padre, per poi riportare gli occhi sul ragazzo biondo che menava fendenti con una grazia tale da far sembrare l’arma un’estensione del suo braccio.

Mi schiarii la gola, pregando Dio che le mie guance non fossero infuocate come le sentivo. “Già… Bisognerebbe essere ciechi per non notarlo…”

“Suo padre dev’essere fiero di lui come io lo sono di te. Si è sempre fieri di un degno successore.”

Una nuova ondata di vergogna mi fece avvampare. “Magari non sono così degno come credete…”

“Non dire idiozie, Cedric. Ti ho insegnato così bene che quando prenderai il mio posto a capo del villaggio, la gente neanche si accorgerà della differenza.”

La sua risata roboante mi risuonò nelle orecchie, facendomi rabbrividire fino alla punta dei capelli.

Mentre guardavo i muscoli guizzanti di Alder sotto la tunica leggera che usava per allenarsi, pregai che mio padre non si accorgesse di quanto diverso fossi dal figlio che pensava di aver cresciuto. Almeno non prima che gli fossi sfuggito da sotto il naso.

Quando arrivò il giorno, nevicava ormai da settimane. Ed era perfetto: con quel tempo, nessuno ci avrebbe seguiti.

Attesi, all’ombra della torre di fianco all’entrata della fortezza, finché non vidi una chioma bionda avvicinarsi sotto la luce pallida della luna.

“Hai preso le provviste?” sussurrò Alder quando mi ebbe raggiunto.

Annuii, il peso della sacca legata sulle mie spalle sembrava volermi ricordare l’entità di quello che stavamo per fare. Ma se lasciare tutto ciò che conoscevo era il prezzo per essere finalmente me stesso, l’avrei pagato altre mille volte.

Gli posai un bacio leggero sulle labbra e gli presi la mano.

“Andiamocene.” Mi voltai verso l’uscita, ma un muro di pelliccia mi sbarrò la strada.

Riconobbi l’odore di cenere e cuoio all’istante. “Padre… Ma che—che ci fate qui fuori a quest’ora?”

Trattenni il respiro mentre mio padre osservava con sospetto il fagotto che portavo sulle spalle e poi la mia mano stretta in quella di Alder. La mollai un istante troppo tardi.

Una collera spaventosa gli infuocò lo guardo nel momento in cui capì chi era davvero suo figlio

Indietreggiai col gelo dell’inverno che mi penetrava sotto la pelle e, per la prima volta in vita mia, seppi cosa voleva dire sentirsi un verme.

“Non solo scappi da me, da tua madre, dal tuo popolo! Ma te ne vai mano nella mano con un… Con un… Maschio!”

Sguainò la spada, avventandosi contro Alder con un urlo carico d’odio. In un attimo, io ero in mezzo a loro, le mani alzate verso mio padre nell’ultima, estrema speranza che la mia vita, per lui, valesse ancora qualcosa. “Fermatevi, vi prego!”

Ma lui continuava ad avanzare e io ad arretrare, in una marcia spietata di cui non volevo conoscere la fine.

“Larkin, fermati!” Una voce femminile risuonò nell’aria e vidi due piccole mani afferrare il braccio che brandiva la spada sopra la mia testa.

Quando lo vidi fermarsi di colpo, mi chiesi chi fosse quella contadina che osava chiamare mio padre per nome.

Ma poi si voltò a guardarla, e io capii. Capii cosa ci faceva fuori a quell’ora della notte, capii che non aveva mai guardato mia madre in quel modo.

“Lascialo andare, Larkin. Lasciagli vivere la vita che noi non abbiamo avuto.”

Quella preghiera risuonò nell’aria gelida della notte anche dopo che il signore di Berg ebbe lanciato la sua spada nella neve.

E forse vidi davvero l’anima di mio padre solo nello sguardo annacquato che mi rivolse poco prima di voltarmi le spalle, forse lo conobbi davvero soltanto un attimo prima di perderlo.


Valutazioni Giuria

28 – Neve – Valutazione: 30

Gaia:
Anche se in un contesto un po’ inconsueto e forse non del tutto congruente con i fatti narrati, la vicenda è coinvolgente e si dipana delicatamente, senza strappi. Il sentire dei personaggi risulta evidente con poche “pennellate” e semplici accenni. Nulla viene esplicitato, ma fatto intuire con discreta ed elegante delicatezza al lettore. Nessun passaggio appare scontato, fino al fInale, felicemente favrevole al protagonista. Un racconto che si legge molto volentieri e che dà ragione della complessità dell’umano sentire. Scritto molto bene, con un linguaggio vivido e mai banale.

Matteo:
Il racconto è ben scritto e ha un buon ritmo. Sebbene la vicenda sia appassionante e ben raccontata, mi sembra però anacronistica. Il tema dell’omosessualità era percepito molto diversamente rispetto a oggi e di conseguenza, il comportamento dei personaggi non è del tutto congruente. In sostanza si tratta di una storia moderna proiettata nel passato.

Paola:
La vicenda presenta qualche incongruenza sul piano storico: il padre del protagonista, per come viene descritto, sembra più un feudatario di medio-piccole dimensioni che un capo-villaggio. Tuttavia il racconto è davvero ben scritto sia sul piano stilistico sia per quanto concerne il ritmo narrativo. Il tema dell’omosessualità è toccato in maniera delicata e certo non sarebbe stato accettato nell’epoca storica in cui è ambientato il racconto.

Pietro:
Il racconto è scritto molto bene, con scene dal ritmo convincente. Si fatica solo a capire il contesto, in cui quello che sembrerebbe un signore feudale, perché ha una fortezza, viene chiamato solo «capo del villaggio» circostante. D’altra parte, anche la psicologia dei personaggi e il modo in cui si rapportano all’omosessualità non mi sembrano affatto medievali. Ma l’esperimento – la cui libertà mi è sembrata a tratti quella di un film d’animazione o di un fumetto – è riuscito, dunque non mi addentro in barbose discussioni sulla natura e i limiti del racconto storico.