28 – VALENTINA
Ora lo so. Non è sempre vero che le scelte più sagge le compie chi ha i capelli bianchi. Lui ne aveva, di capelli bianchi, pure in abbondanza ma questo non lo fermò dall’avvicinarsi a Valentina, una rossa sensuale piena di fascino anche se, data l’età, rimanevano le curve ancora da bambina e gli occhi verde smeraldo.
L’aveva vista la sera prima in un bar, aveva accavallato le gambe e dai pantaloni leggeri si erano intraviste le autoreggenti terminanti con un tacco dodici. Le si era avvicinato guardandola negli occhi ma Valentina aveva abbassato lo sguardo. Quell’aria da bambina, alla soglia dei cinquant’anni, la rendeva ancora interessante o per lo meno incuriosiva gli uomini a tal punto da avvicinarsi a lei.
Forse il lungo lockdown o forse la quarantena che Valentina aveva subito ammalandosi di Covid-19 avevano reso quell’incontro qualcosa di unico. Uscita dal bar l’aveva seguita fino al portone della sua abitazione per poi svegliarsi l’indomani e scoprire che lavorava in una farmacia. Per giorni interi andò lì quando finalmente, dopo sguardi e scambi di frasi, si decise ad offrirle un aperitivo a pranzo. Il semi lockdown della zona gialla non permetteva di consumare dopo le ore diciotto né tantomeno uscire dopo le ventidue, ma prima tutto o quasi tutto era possibile.
Dopo l’aperitivo seguì una passeggiata insieme e poi un pranzo in una giornata di intensa pioggia. Valentina parlava molto e gesticolava con le mani quasi all’unisono con la cadenza di colei che dirige un’orchestra. Lui le si avvicinò per baciarla ma lei, con il suo fare contraddittorio, si distaccò e poi lo baciò avidamente cercando di sentire l’odore negato dalla malattia che le aveva portato via i due sensi. Seguirono altri incontri sempre più lunghi a volte parlando a volte fermandosi nell’appartamento di Valentina accogliente quanto basta per far perdere la testa a un uomo.
Non si erano detti niente di personale, nessuno dei due conosceva l’altro, solo incontri fortuiti legati da un’attrazione senza risposta.
Trascorrevano serate brevi ma intense chiuse dal lockdown delle dieci.
Dopo quindici giorni, poco prima di Natale, lui le disse che doveva tornare in Lombardia, dove aveva una moglie e dei figli che lo aspettavano per le feste, ma che sarebbe tornato dopo la befana. Valentina strinse lo stomaco più forte che poteva; d’altronde era stata lei a non chiedergli niente, trascinata sempre dalla sua immancabile voglia di avventura.
– Va bene – disse Valentina cercando di non far tremare la voce. Non è necessario vedersi dopo le feste, non me la sento. E’ l’ennesima storia fasulla e come tale deve finire ora.
– Non voglio perderti Valentina, mi dispiace non avertelo detto prima ma temevo di rompere la nostra magia – le disse lui cercando di baciarla.
Valentina era ormai lontana. Quel distacco sapeva gestirlo benissimo e in fondo era lei che lo aveva assecondato in quel gioco così perverso fatto di illusioni e di momenti che non sembravano finire.
Lui scese le scale e si girò ancora una volta per guardare quella chioma in controluce mentre la pioggia continuava a bagnare le falde del suo cappello.
– Ti rivedrò – le aveva sussurrato in un orecchio scostandole i capelli, il gesto con cui lei era solita abbandonarsi a lui.
– Ed io, meschino – pensò lui camminando verso casa – che credevo di non potermi mai più emozionare, mi emoziono. Ma invece di lasciarmi andare costruisco faticosamente delle barricate, dei muri. Non devo, non posso, io, emozionarmi! Che fare? Lasciarsi andare è oramai impossibile, distaccarsi completamente non mi è più concesso, sono in balia dei pensieri contorti e capricciosi, si alzano, si fermano, si abbassano sto per tremare, ma il mio forte amor di sé neutralizza questo naturale istinto muscolare. Oramai è così, accada ciò che accada. Bella la vita… con te, anche se per un attimo soltanto.
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