27 – Il trentasettesimo colpo

19 Nov di editor

27 – Il trentasettesimo colpo

E se fosse tutto un gigantesco imbroglio?

Lanciai uno sguardo alle mazzette di banconote false stipate nella borsa di pelle che stringevo fra le mani e poi alla macchina parcheggiata al di là del cespuglio dietro cui ci eravamo nascosti.

Questa volta sarebbe stato davvero troppo facile.

Mi voltai verso il mio socio, inginocchiato sull’erba vicino a me. “Danny, dimmi una cosa: quanti colpi abbiamo fatto, io e te?”

Aggrottò per un attimo le sopracciglia scure. “Trentasei.”

“Già. E quante volte è successo che trovassimo il malloppo in una macchina abbandonata, senza nemmeno un cristiano a sorvegliarla?”

“Neanche una, Nick.”

“Già…” Infilai la testa fra le foglie per sbirciare di nuovo la Ford nera parcheggiata sull’altro lato della strada. Guardai a destra, poi a sinistra. Niente. Non c’era anima viva.

Che mi prenda un colpo se qualcuno, qui, non gioca a fare il furbo!

Danny e io eravamo in questo business da tredici anni, ormai, e ogni colpo andava sempre più o meno allo stesso modo: una famiglia ricca sfondata contattava la polizia per denunciare il rapimento della figlia, o del cane, e Frank del reparto speciale ci avvertiva al volo.

Non succedeva quasi mai che non pagassero il riscatto e quando veniva il momento dello scambio, entravamo in gioco noi.

Eravamo diventati così bravi che ci bastavano quaranta secondi. Quando rimaneva solo un uomo a sorvegliare la macchina coi soldi, in attesa dei rapitori, Danny metteva fuori gioco la guardia e io sostituivo il bottino con una borsa piena di banconote finte.

Et voilà! Rapido e indolore.

Quando lo sbirro si svegliava, non sapeva chi gli avesse messo il braccio al collo ed erano tutti troppo orgogliosi per raccontare a qualcuno di essere svenuti proprio nel momento in cui serviva di più che stessero svegli.

Ma oggi non c’erano guardie da strangolare. Ed era davvero troppo strano.

Il rumore di un motore in avvicinamento mi fece sobbalzare. “Via! Se i rapitori ci trovano qui, ci ammazzano!”

Ci lanciammo di corsa.

Vedevo la mia moto a un centinaio di metri di distanza, quando udii il grido di una voce familiare. “Prendeteli!”

Non è possibile…

Persi l’equilibrio e caddi con un tonfo, poco prima di sentire qualcuno strattonarmi le braccia dietro la schiena e infilarmi le manette. La borsa rotolò a terra e si spalancò, facendo volare banconote ovunque.

“Fregarti è stato più facile del previsto.” Mi immobilizzai, la voce di Rose come un getto d’acqua gelida lungo la schiena. “Ti facevo più intelligente di così, Nick.”

Lo sbirro che mi aveva ammanettato mi voltò con uno strattone, costringendomi a guardarla in viso. Il disgusto che le leggevo negli occhi mi colpì dritto nello stomaco.

“Quando sono entrata per la prima volta nella tua villa, mi son detta: ‘eddai, Rose, magari è ricco di famiglia!’ Mi sono illusa per mesi che fossi davvero un innocuo, onesto barman. Quanto sono stata idiota!”

No, no, no… non sta succedendo veramente… “Rose…”

“Non ci provare!” Mi zittò con uno schiaffo.

“Quando ti ho sentito parlottare con Frank di soldi e di rapimenti, ho sperato con tutta me stessa che fosse tutto un malinteso. Ma poi l’ho interrogato…” Si asciugò gli occhi col dorso della mano. “Sei un fottuto pezzo di merda, Nick!”

Chiusi gli occhi. Guardarla mi faceva troppo male.

C’era una sola regola che non infrangevo mai: non immischiarmi con le poliziotte. E ci ero riuscito egregiamente, finché il Capitano Rose Jennings non era entrata nel mio bar e aveva ordinato un whisky, sei mesi fa.

Con quei capelli di seta nera e quelle labbra che accarezzavano il bicchiere come glassa su una torta, mi era bastato uno sguardo per capire che quella donna sarebbe stata la mia rovina.

Mai, in vita mia, avevo avuto più ragione. E mai, in vita mia, avevo desiderato tanto di sbagliarmi.

“Rose, io…” Cercai qualcosa, qualsiasi cosa, da dire, ma dentro di me sentivo solo l’eco delle bugie che mi avevano appena rovinato la vita.

Cercai il suo sguardo, l’assoluzione che solo lei poteva darmi, il perdono che non meritavo, ma vidi soltanto la curva inflessibile delle sue spalle mentre si allontanava da me.

“Portatelo via.”




Un commento “27 – Il trentasettesimo colpo

  1. Testo semplice ed essenziale. Il ritmo é pacato e lineare. Il finale non fa particolarmente ‘rumore’ ma soddisfa l’incipit iniziale: la struttura si basa su una bugia, l’imbroglio. Buon linguaggio e belle alcune descrizioni finali.

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