26 – Le ferie
Iniziavano i primi freddi, questo lo ricordo bene.
Il mio datore di lavoro mi aveva permesso, finalmente, di farmi godere le agognate ferie.
Ogni giorno, negli ultimi due anni, avevo sgobbato per oltre dodici ore infatti erano, ormai, ben due anni che non andavo in ferie; nonostante ne avessi accumulate tante non potevo permettermele in quanto il lavoro era sempre troppo, sembrava addirittura non finire mai.
So bene fossero un mio diritto e più volte, un po’titubante, avevo chiesto al mio titolare di poterle sfruttare ma la sua risposta era sempre la stessa.
Mi ripeteva sempre che non potevo usufruirne perchè io ero quello che lavorava da più anni lì dentro perciò ero il migliore dipendente e lui, di certo, non voleva perdere per qualche giorno il suo miglior dipendente.
D’altronde non potevo ribattere per paura di ripercussioni, non potevo di certo farmi prendere di punta dal capo, non potevo perdere questo lavoro però io non la pensavo proprio così.
É vero che ero il più “vecchio” in azienda ma non per questo ero il migliore.
La verità è che ,essendo il più vecchio, a me toccavano i lavori più “sporchi” che gli altri si rifiutavano di svolgere come ad esempio zappare la terra.
L’azienda era circondata da un ampio giardino che, ovviamente, andava curato; bisognava estirpare le erbacce che crescevano rapidamente e smuovere la terra in modo da tenerla sempre fresca.
Fortunatamente questo compito mi spettava solo due volte all’anno, tutto il resto dell’anno ero impegnato a carteggiare le persiane e le porte oppure a pulire l’azienda.
Questi ultimi erano dei lavoracci.
L’azienda era perennemente sporca perchè i colleghi erano troppo carichi di lavoro perciò non badavano a tenere la loro postazione pulita.
Ero stufo, stanco e lamentavo dolori sempre più acuti alle braccia a furia di carteggiare. Avevo proprio bisogno di staccare la spina.
Quel dannato lavoro ultimamente mi aveva portato a trascurare la mia famiglia e non era giusto, così mi impuntai e pretesi le mie benedette ferie.
Questa volta, finito il mio turno, andai spedito e deciso dal mio titolare.
Erano i primi freddi e lo ricordo perchè lui mi sorprese.
Non so per quale motivo e, poco mi importa, mi diede a disposizione tre settimane lontano da quell’infernale azienda.
Ero entusiasta corsi subito a casa dalla mia famiglia per rivelargli la lieta notizia.
Finalmente potevo portare in montagna il mio bambino.
Lui aveva sempre sognato di poter vedere con i suoi occhi la neve, di tastarla con le mani e, perchè no, persino assaggiarla.
Abitando al sud Italia non aveva mai avuto occasione di veder fioccare il cielo oppure di fare un pupazzo di neve.
Si limitava ad ammirarla nelle cartoline, nei giornali o nei programmi televisivi.
Avevo avverato il sogno del mio piccolo ometto ed avevo avverato il sogno mio e di mia moglie di goderci un po’ di più la nostra famiglia.
Valutazioni Giuria
26 – Le ferie – Valutazione: 14 Gaia: Un trama poco interessante e poco credibile (il protagonista è così indispensabile per l’azienda? è concepibile che un lavoratore accetti passivamente di rinunciare per due anni alle ferie? perchè il datore di lavoro dovrebbe improvvisamente concedere addirittura tre settimane?…). La forma è spesso scorretta. Il finale, con l’affondo sul figlio desideroso di scoprire la neve, è pesante e sembra un po’ “appiccicato” frettolosamente al resto come per dare valore al “successo” ottenuto dal protagonista. La narrazione non è scorrevole, ma laquanto “singhiozzante”. Matteo: La forma lascia spesso a desiderare. Il racconto, soprattutto nella prima parte, è assai ripetitivo. E’ del tutto incoerente che il protagonista si occupi del giardino e delle pulizie (se così fosse, le ferie sarebbero davvero l’ultimo dei suoi problemi). La svolta finale non viene motivata: perchè il capo cambia improvvisamente e radicalmente idea? Il personaggio del figlio non viene anticipato e la sua comparsa sembra un’aggiunta che ha poco a che fare con il resto della storia. Paola: Quello che inizialmente sembra quasi essere un caso di mobbing, con tutte le implicazioni emotive del caso, sfuma rapidamente nella parte finale in un esito quasi banale: chiede le ferie, le ottiene e, sorprendentemente, non gli accade nulla. Ci si aspetterebbero dell conseguenze al suo ritorno, quanto meno, viste le premesse iniziali e invece va tutto “troppo” bene. Pietro: La parte che renderebbe questo testo un vero e proprio racconto è quella su cui si passa più velocemente. Vorremmo vivere insieme al protagonista il suo momento più difficile, sentirci stretti, come lui, tra la paura di perdere il lavoro e il desiderio di portare il figlio a vedere la neve. Mancando questa parte il racconto è troppo lineare: il nostro vuole le ferie, le chiede, le ottiene. |