26 – Biografia in fieri III
Tutta colpa della pastiera…ancora ci penso…era il 1988, mancava una settimana a Pasqua.
Io avevo anticipato la chiusura delle lezioni universitarie ed ero giù in Calabria dai miei.
Belle giornate quell’Aprile! Da godersele al mare. In casa fervevano i preparativi, soprattutto culinari. Mamma, insegnante ormai in pensione, si dava da fare in cucina come se avesse dovuto sfamare un esercito e non quattro persone. L’abbondanza non aveva limiti quando si trattava di festeggiare. La fantasia di mamma, che da giovane avrebbe voluto recitare in teatro, si esaltava trovando sfogo tra i fornelli, dopo una vita avvolta fra le nebbie scolastiche e tra le radici di casa!…
Da buona meridionale, mia madre, ci teneva ad evidenziare con il cibo la sacralità della festa religiosa. Da altrettanto buona tradizionalista, non poteva a Pasqua far mancare, a tavola, il dolce tipico del sud, la pastiera!
Gli ingredienti per la pastiera c’erano quasi tutti, mancava solo la ricotta che mamma avrebbe acquistato il giorno prima della preparazione. Io avrei voluto essere presente alla messa in forno della pastiera, non foss’altro per rifarla per conto mio, una volta rientrato a Pisa, così avrei dato sfoggio davanti ai miei amici di una conoscenza culinaria unica. Venerdì, primo Aprile, mi alzo presto. La giornata è calda e serena, mi sento eccitato e volenteroso di darmi da fare…manca la ricotta…mi propongo di andare io a comprarla ed esorto mia madre ad aspettarmi, di non iniziare senza di me. Quattro/cinquecento grammi di ricotta? Decido di prenderla il più vicino possibile, preoccupandomi di fare al più presto. Non avevo previsto però, che quel giorno, in tanti avrebbero deciso di fare la spesa. Il negozio era intasato. Vado da un’altra parte. Stessa confusione. Mi metto l’animo in pace e aspetto il mio turno. La ricotta era l’ingrediente più richiesto, tanto che inizia a preoccuparmi che non ne rimanesse per me. Sbuffavo ed ero insofferente. Mi agitavo. Ma mi armai di pazienza ed ebbi la forza di aspettare. Arrivò il mio turno: di ricotta ne avrei potuto comprare quanta ne volevo. Mi limitai ad un chilo. Avevo calcolato la dose per due pastiere e mezzo. E, poi, era festa! Ero contento! Non immaginavo nemmeno lontanamente quello che sarebbe accaduto rientrato a casa. Perché a casa venne fuori che per fare la pastiera bisognava far benedire la casa e il prete quell’anno, come era solito fare, non l’aveva fatto. Ero in crisi? Ed io per colpa di una mancanza ecclesiastica non dovrei potuto gustare la pastiera? No, non ci pensavo nemmeno! Ebbi l’approvazione di papà ma non quella di mamma, che si rifiutava di preparare la pastiera senza la benedizione del prete. Un meridionale, quando si impunta, soprattutto per principio, è irremovibile e mia madre era una fervente meridionale!
“Vidi nu pocu tu se pè nu preti cà s’incrinsciu u vena u benedici a casa, eu non mi pozzu mangiari a pastiera?!”
Se mia madre non avesse fatto i capricci e avesse fatto la pastiera avrebbe fatto di me l’essere più felice.
“E cunnu chilo e ricotta, mò chi ni facimu? U iettamu?” dico a mamma. Lei mi risponde: “ Ni facimu i pruppetti è ricotta, ca su puru boni!…” Ebbi un gesto di stizza, un moto di ira mi aveva preso e non mi lasciò finché non maledii la ricotta, che buttai, e la pastiera, che mi ripromisi di non mangiare.
Tutta colpa della pastiera o del prete?
3 Commenti