25 – Voce spezzata

21 Gen di editor

25 – Voce spezzata

Ci fu un lungo silenzio rotto solo da un sottile mormorio nella sala. Avevo vinto. Ero riuscita a mostrare al mondo le vessazioni e la violenza psicologica di cui ero stata vittima in Conservatorio.

Il pubblico del convegno, composto da insegnanti ed esperti della voce taceva, qualche professoressa sensibile si asciugava gli occhi umidi. Avevo vinto.

Poi una voce tenorile incerta rispose: “Lei doveva cambiare Istituto.” Cenno di assenso degli astanti.

Ed ecco che era diventata tutta colpa mia.

Dovevo saperlo che colpire le istituzioni era impossibile.

Il giudizio era stato preso ed era inappellabile.

Una parte di me lo sapeva: era inutilmente pericoloso esporre la mia esperienza sperando di salvare voci e persone che amavano la musica.

Avevo speso tutti i miei soldi per imparare il canto fino al livello più alto esistente in Italia. Poi avevo speso tutti i miei soldi per mostrare quanto quel lungo percorso potesse essere mostruosamente popolato di gente infida.

Ed ora ero esposta al pubblico ludibrio.

Guardai nei loro occhi: tanti sapevano, tanti erano la mia esperienza. Tanti avevano scelto di trasformarsi da vittima in carnefice relegando in un angolo quell’enorme vuoto da colmare. Quante cose c’erano in quella polvere spazzata sotto al tappeto. Non bastava alzarlo per poterne discutere perchè essi, pronti, soffiavano via il pulviscolo: dritto nei tuoi occhi.

Le voci aumentavano in un vortice. Forti del sentimento comune dicevano ogni cosa: che non avevo studiato, che non avevo talento, che ero debole, che … .

Io non avevo speso anni per vendicarmi o screditarli davanti al mondo: ero lì davanti per risolvere un problema, per migliorare un sistema che si basa ancora su leggi del 1800.

Mi ritirai dietro al palco e dovette passare molto tempo perchè avessi il coraggio di uscire da quel nascondiglio.

Ricordavo parole importanti, parole di amici vittime di soprusi e violenze e, immancabilmente, si erano scontrati con il fatidico: “E’ colpa tua.”

Qualcuno dice che il male è attirato dall’innocenza come ingenuità: che uno inspiegabilmente chiama l’altra in un uroboro di causa-effetto.

Quando i miei piedi raggiunsero la strada il mondo non sapeva niente di ciò che era accaduto. Ancora potevo vivere, strisciare tra la gente. Bastò però approdare sui social network per constatare che nulla era stato immaginato. Davanti a me il caos: quello era il momento di rititarsi per sempre o combattere in modalità bersek, con tutta l’energia che mi aveva spinta ad arrivare fin lì.

Non mi stancai di essere fraintesa e offesa, ignorata e odiata. Le mie parole venivano smembrate dal sistema, ma ancora riuscivano a sfiorare animi affini che mi seguivano, dapprima con distacco. Si creava un fronte composto da coloro i cui soldi ed energie erano serviti come ponte per il successo altrui. Ma noi non avremmo insegnato perpetrando l’odio, no, ce ne saremmo liberati prima di influenzare altri. Avremmo combattuto la loro battaglia, al fianco di chi non ha voce.

Di nuovo messa in ridicolo, minimizzata, offesa, … ma la mia voce risuonava nelle storie di tanti che erano stati destinati a non essere nessuno, come me. Tanti nessuno, tantissimi.

Fino a che questa diatriba non raggiunge il malsano orecchio dei media, che, si sa, amano le battaglie perse e la violenza gratuita. Da loro arrivò un colpo fatale, che dichiarò la nostra battaglia vinta.

Ma la guerra non era finita. Avvocati, intimidatori, minacce. Li avevo già visti lungo il mio percorso, ma ora erano assetati non solo del mio portafogli ma anche del mio sangue, più ancora della mia voce. Non dovevano uccidermi, dovevano piegarmi. Il sistema doveva fagocitarmi e digerirmi così che nulla sarebbe successo,

polverizzando i nemici. Mi avrebbero dato una cattedra, ma non ero ancora sufficientemente innocua.

Ero sola. Il contrattacco fu duro e si giocò in tribunale.

Ci fu un lungo silenzio.

Colpevole.


Valutazioni Giuria

25 – Voce spezzata – Valutazione: 24

Giud.1:
Testo complicato e con frasi articolate.

Giud.2:
sembra un processo penale, non in un conservatorio. leggibile e ricco di descriozini dei sentimenti della protagonista

Giud.3:
Alcuni errori (“il giudizio era stato preso “) e imprecisioni nei tempi. Brano di non facile lettura. D’altro canto descrive con passione il coraggio di opporsi, di sfidare l’ordine costituito, di scendere a patti con il senso di colpa e la vergogna che spesso accompagnano le vittime.

Giud.4:
Non mancano gli errori di punteggiatura tra periodi principali e subordinate, così come scelte lessicali discutibili. Un solo netto errore: “il malsano orecchio dei media, che, si sa, amano”. Devo finalmente ammettere che la capacità narrativa è tale da desiderare di essere puntigliosi: come a dire che qui si ha diritto di pretendere, perchè c’è del buon materiale di partenza. Mi compiaccio per alcune immagini riuscite. Trovo la digressione psicologica un po’ eccessiva e le metafore troppo sbrigative, ma a mio parere un buon lavoro. P.S. ho capito il gioco di parole, ma non amo molto il titolo…