25 – LA PASTIERA DELLA VECCHIA EBREA
Tutta colpa della pastiera di Ester. Nessuno sapeva dove avesse imparato a farla, visto che era nata e vissuta in un paesino dei Colli Euganei. Nessuno dei suoi concittadini ne aveva mai assaggiata una oltre la sua, ma tutti erano pronti a giurare che quella di Ester fosse la migliore del mondo. Ne cuoceva una dozzina al giorno che poi rivendeva al negozio di dolci del paese. Arrivavano da tutte le città vicine per comprare la sua pastiera.
Si narrava che fosse grazie alle torte di Ester che il pasticcere manteneva il figlio all’università.
Anche in quella notte di dicembre ne aveva preparate una decina per salutare i suoi compaesani.
Una settimana prima infatti Ester aveva ricevuto una lettera da Padova in cui le veniva intimato, in quanto ebrea, di presentarsi in Questura. C’era sempre stata una piccola ma solida comunità di ebrei che viveva sui colli. Alla proclamazione delle leggi razziali la maggior parte era fuggita all’estero, alcuni erano scomparsi. Solo lei era rimasta. Non si era mai sposata e non aveva altri parenti. Il suo paese era la sua famiglia. Uno ad uno quella notte bussarono alla sua porta il medico, il farmacista, la maestra, il parroco e tutti gli abitanti. Entravano, prendevano una fetta di pastiera e la salutavano abbracciandola. Il medico, tra un boccone e l’altro, malediva il governo fascista. La giovane maestra non riusciva a smettere di singhiozzare.
“Dobbiamo fare qualcosa” gridò il dottore all’improvviso, battendo i pugni sul tavolo.
“E cosa vorreste fare?” chiese il Podestà, comparso alle sue spalle.
Tutte le voci si placarono di colpo.
Ester gli sorrise, porgendogli una fetta di pastiera.
L’uomo aspirò il profumo di canditi che usciva dal dolce ancora caldo. “Tutto questo mi mancherà.”
“Allora fai qualcosa” gridò il medico.
Il Podestà lo guardò di sbieco, masticando lentamente. “È la legge” disse.
“Io ci sputo sulla vostra legge!”
“Farò finta di non aver sentito” sussurrò “solo perché hai fatto nascere i miei figli.”
“Ester” sibilò il dottore indicandola “teneva ferma tua moglie mentre io tiravo fuori i tuoi figli. Ricordalo!”
“Ora basta” sussurrò lei. “Siamo qui per salutarci. Domani me ne andrò e non so quando o se tornerò. Quindi questa potrebbe essere l’ultima pastiera che mangiamo assieme. Non avvelenatela, per favore.”
Il via vai a casa di Ester continuò fino quasi all’alba. Alla fine delle pastiere non rimasero nemmeno le briciole.
La mattina successiva tutto il paese si riunì per accompagnarla in stazione, ma di lei non c’erano tracce. Se n’è andata da sola, pensarono. Dopo un paio di giorni però un gruppo di fascisti comparve in paese chiedendo di Ester. Non si era presentata a Padova e nessuno aveva più avuto sue notizie. Il Podestà li accompagnò casa per casa. Perquisirono ogni singola abitazione, convinti che qualcuno nascondesse la donna ebrea, ma non trovarono nulla.
Alla fine radunarono tutti i cittadini nel piazzale della chiesa. Erano decisi a trovare Ester e non si sarebbero fermati.
“Tutto questo per una vecchia?” chiese la maestra “Non avete una guerra da combattere o l’avete già persa?”
Un soldato fece un passo verso di lei, ma fu fermato dal Podestà. “Ora basta. Non vediamo Ester dal giorno in cui ha ricevuto la lettera” mentì.
Il medico e il farmacista si guardarono increduli.
“Sono quasi due settimane che nessuno sa niente di lei. Si è certamente rifugiata da qualche suo parente ebreo” continuò.
Alla fine i soldati si arresero e abbandonarono il paese.
La vigilia di Natale il pasticcere, non riuscendo a dormire, se ne stava alla finestra guardando la neve che cadeva.
All’improvviso vide un’ombra che attraversava la piazza in direzione della pasticceria. Si mise una coperta sulle spalle e uscì di corsa. Quando arrivò davanti al negozio trovò solo una grande scatola da cui proveniva un profumo di ricotta e canditi. Fece il giro della piazza, giusto in tempo per vedere la piccola figura scura che sgattaiolava nel capanno affianco al municipio.
Entrò. Una luce fioca illuminava la stanza. In un angolo Ester e il Podestà sgranavano pannocchie. “Sei sempre stata qui?” sussurrò.
“È colpa della sua pastiera” sorrise il Podestà, porgendogli una fetta di torta. “Davvero pensavi che ci avrei rinunciato?”
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