23 – La mia giornata fortunata

25 Nov di editor

23 – La mia giornata fortunata

Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi…Mi ero svegliata presto, adoro svegliarmi presto, quando tutti o quasi, dormono ancora, mi fa sentire padrona del mio tempo, mi riempie di gioia e di speranza, mi apre a mille possibilità.

Caffè caldo, l’odore che si sparge per la cucina, certo mi mancava vedere il mare, mi manca sempre, ma in fondo il lago un po’ gli somiglia, o quasi, o forse erano solo le parole che, a memoria, mi ripetevo ogni mattina per farmi forza.

Avevo anche il tempo di fare colazione e fu così che feci, mi preparai un’abbondante colazione per assorbire quante più energie possibili, era un giorno importante, uno di quei giorni che ti restano impressi nella memoria, si, perché decidere di licenziarsi da un lavoro che non ti piace più, che non ti dà più gioia, richiede un atto di coraggio, ma soprattutto di follia, una sana follia, ma pur sempre di follia si tratta.

Avevo investito gli ultimi anni in questa impresa che non mi sembrava neanche più la mia, come ero finita laggiù, in un posto sperduto, priva degli affetti di una vita, in un posto senza mare, neanche me lo ricordavo più, sapevo soltanto che ero arrivata al limite, volevo urlarglielo, volevo farlo sentire a tutti, volevo che le mie corde vocali esplodessero, volevo solo sbattere la porta e andarmene.

La situazione era precipitata soltanto da un mese, ma mi sembrava di essere rimasta intrappolata lì per un tempo lunghissimo, a ripetere le stesse cose, ad arrabbiarmi ogni giorno di più, a tornare a casa, sempre più sfiduciata e triste, ecco, triste era la parola giusta, mi sentivo tremendamente triste.

Ma quella mattina, no, non ero più triste, ero felice, felice di poter finalmente dire, questo posto non mi merita, voi non mi meritate, non sprecherò un secondo di più della mia vita per far contenti gli altri, la vita è mia e decido io come viverla.

Quante volte l’avevo urlato a mamma quando continuava a ripetermi di fare gli esami all’università, e più lei me lo diceva, più rimandavo gli appelli, quante volte l’avevo urlato a papà, quando avevo deciso di andare a vivere da sola, ma questa volta non avevo nessuno dei due, davanti, questa volta avevo un capo annoiato e abitudinario, che ripeteva ogni santo giorno le stesse cose, che vedeva solo muri, dove avrebbe dovuto vedere ponti, che vedeva ostacoli dove avrebbe dovuto scorgere possibilità.

E colleghi, lasciamo perdere i colleghi, insoddisfatti, frustrati ed incapaci. Forse ero diventata un po’ cinica, ma avevo davanti a me, solo macerie, e dalle macerie, si sa non possono che nascere castelli.

La colazione durò più del previsto, stavo per fare tardi al mio ultimo giorno di lavoro, dopo che per anni ero sempre arrivata in anticipo.

Mi infilai la giacca, la sciarpa, faceva un freddo cane e presi l’ombrello, perché si sa nelle giornate giuste, piove sempre.

Durante il tragitto ripetei un discorso di senso compiuto, parola per parola, diverse volte, per ogni passo, una parola, con la calma e la lucidità che mi erano mancati nell’ultimo mese, mi sembrava che tutto filasse bene, ero veramente convinta della mia scelta.

E avevo iniziato a fantasticare, trasloco, scatoloni, una nuova casa, una nuova vita, ma prima un bel viaggio per ritrovare me stessa, un lungo giro del mondo, da sola, finalmente avrei ascoltato quella vocina che avevo dentro, insegui i tuoi sogni, di vita ce n’è una sola, il tempo è la cosa più preziosa che hai e quanto tempo era che non ne avevi per te, sempre a preoccuparsi degli altri, li metterò in difficoltà se decido di andarmene di punto in bianco, e no, di me non si preoccupava nessuno e allora tanto valeva che non me ne preoccupassi neanche io; si, farò un viaggio e butterò via questo maledetto telefono ed il pc, scriverò lettere e manderò cartoline.

Mentre tutti questi pensieri mi si affollavano per la testa, mi accorsi che ero arrivata, era il mio momento, testa o croce.

Aprii la porta ed ebbi la sensazione che qualcuno mi stava aspettando. Buongiorno, c’è una lettera per lei, dalla busta sembrano buone notizie.

E’ proprio la sua giornata fortunata.




3 Commenti

  1. Lo sfogo emotivo della protagonista non dovrebbe rimanere nella sua testa. Dovrebbe agire nel mondo. Il fatto che la sua frustrazione venga semplicemente descritta a parole indebolisce notevolmente il racconto.

  2. Lunghissimi periodi, mai ritmati dalla punteggiatura adeguata.
    Una trama che procede lungo binari un po’ prevedibili e che si ravviva solo nel finale inaspettato.
    Andamento della narrazione un po’ a singhiozzo…
    Varie ripetizioni. Alcuni gravi errori grammaticali.

  3. Racconto scorrevole e ben scritto. Belle e significative le riflessioni e profondo il monologo che accompagnano la protagonista sul posto di lavoro e le fanno compagnia fino al suo arrivo in ufficio. Sembrano un vortice che gira e ritorna nella testa passo dopo passo come un copione da recitare a memoria, per troppo tempo represso.
    D’effetto le descrizioni attente al dettaglio che rendono bene la personalità.
    Interessante sull’epilogo il colpo di scena positivo: che sfida tutte le congetture e le decisioni d’inizio giornata e apre a nuovi orizzonti.
    Un’inversione di rotta sul finale interessante e che cambia decisamente gli scenari.
    Il testo chiude con la speranza in primo piano: in antitesi coi pensieri dell’antefatto.

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