22 – Tutta colpa della pastiera…
Tutta colpa della pastiera…
Se solo lui non avesse insistito così tanto per preparare quel dolce da portare a casa dei suoi per la cena di quella sera non ci saremmo ritrovati in quella situazione.
La batteria dell’auto morta. La neve che cadeva copiosa, oscurando la visuale. La strada semi deserta. Noi che attendevamo il carro attrezzi seduti in macchina, tremando per il freddo.
“Avremmo potuto fare un salame dolce,” mormorai sottovoce, con tutta l’intenzione di rigirare il coltello nella piaga. Dopotutto era colpa sua e di quella maledetta torta che aveva deciso di dover portare a tutti i costi, perchè sua madre la adorava. Era colpa sua, perchè anzichè accettare di preparare un altro dessert con ciò che avevamo in cucina aveva ripetuto che sarebbe bastato fare un salto al supermarket più vicino per comprare gli ingredienti necessari per la pastiera, e ovviamente quello schifo di auto che già funzionava a malapena aveva scelto quel pomeriggio per morire definitivamente.
“Sono sicuro che il carro attrezzi sarà qui a momenti…”
“Non è quello il punto.”
“E allora qual è?”
“Non mi ascolti mai!”
Lui si girò a guardarmi, serio come gli capitava raramente. “Non è vero. E non è colpa mia se la batteria ha smesso di funzionare. Meglio oggi che stasera al ritorno a casa, comunque.”
Certo. Comodo sviare sempre le proprie responsabilità. “Come no.”
“Non è colpa mia…” ripetè, sbuffando. “Credi che a me piaccia stare qui al gelo?”
Tacqui. Ero stufa. Di quella situazione, di lui. Di tutto.
Sputai fuori le parole con rabbia e acredine. “Credo che dovremmo separarci.”
La nostra convivenza era durata un anno e mezzo, anche troppo per i miei gusti. Avevo tentato di ignorare quello che era ovvio a tutti quelli che non fossero ciechi: lui ed io semplicemente non eravamo compatibili. Ci avevo provato davvero, con tutta me stessa, ma non puoi certo forzarti e costringerti ad amare qualcuno, o no? Forse una volta non avevamo scelta. Una volta le donne non potevano fare altro. Dovevano sposarsi e guai perfino a pensare alla parola divorzio.
Ma nel 2020 ragionare così non era più tollerabile.
Se non fosse successo quel giorno sarebbe stata la settimana seguente. O il mese dopo. Ma prima o poi sarebbe successo e ormai nemmeno i bei ricordi potevano sviarmi dalla mia decisione.
Lui mi pregò di ripensarci, sostenne che eravamo entrambi semplicemente stanchi, oberati e stressati dal lavoro, che avevamo solo bisogno di staccare la spina o fare una vacanza insieme.
Ma era ovvio che non fosse così. Era lampante che ciò che c’era stato tra noi era morto e sepolto da tempo. E francamente non mi importava più. Ero esausta. Volevo scrollarmi di dosso quelle catene che percepivo sempre più pesanti e vincolanti ogni giorno, volevo respirare a pieni polmoni, volevo provare di nuovo quella sensazione di libertà che ormai ricordavo a malapena.
Tutta colpa della pastiera?
O forse tutto merito della pastiera.
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