20 – COMMIATO
Era bello tornare a casa dopo il lavoro,
quando lontano dalle relazioni imposte,
mi rannicchiavo nel tranquillizzante star con me stesso.
Tra i maggiori diletti della solitudine,
ne coglievo uno sopra ogni altro:
scegliere chi mi facesse compagnia
ed il prescelto di volta in volta,
era tra quanti non si potrebbe desiderare di più opportuno.
Il mio compagno di solitudine infatti,
mi avrebbe concesso per sua natura
di rimanere tal com’io fossi
e lui, sopra ogni cosa,
avrei lasciato plasmasse il mio animo,
non meno di quanto Iddio avesse avuto ragione di crearmi il corpo.
Molti fin da giovinetto
furono coloro dei quali empivo i vuoti
e che nel tempo hanno impreziosito le schiere dei miei maestri,
al punto che son rari i casi in cui non si annoveri tra di essi,
chi ancora venga a trovarmi.
Oggi, seduto vicino al finestrino della corriera,
ho aperto la sacca che tenevo sulle mie ginocchia
e dopo alcuni istanti
– mi riservo sempre d’aver almeno un’alternativa,
per condiscendere all’indole del momento –
mi sono risolto a trarne Pavese.
Pavese oltre a ricordarmi simpaticamente Groucho,
lo sento affine pei comuni studi classici
e mi sono accorto ormai da molto tempo,
di come certi particolari intorno agli scrittori
– in realtà per nulla significanti al fine di una buona composizione –
me ne influenzino altresì la lettura.
Prendiamo la Merini:
“Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.”
credo per sincerità,
le sue poesie non mi farebbero tutt’oggi lo stesso effetto,
se con la poetessa non avessi per coincidenza,
a spartire la data di nascita.
Via di seguito,
quando leggo Bulgakov, mi vien l’animo predisposto,
per via d’immaginarlo nei panni suoi di medico, a prescriver medicine,
e come potrei non essere incline a Poe,
che mi figuro rallentare a volte il passo,
come io stesso mi sento costretto,
se colto dalla medesima aritmia?
È ragionando a questa maniera,
che da sempre mi circondo dei miei illustri amici,
cavandoli dagli scaffali per averli ovunque con me
e quando le loro eminentissime persone
non mi occupano le mani né mi intorpidiscono la vista,
non mancano purtuttavia di essere parte reale della mia vita.
Così, alla messa, Marshall
ha posto in sull’altare del mio paese Padre Malachia
e l’intera amministrazione comunale
è perfettamente descritta da Gogol ne “L’ispettore generale”.
Sul medesimo tema, andavo discorrendo con Puskin,
non trovando appropriato il suo sostener che
“preti e buffoni non van d’accordo”,
vedendo io stesso come Sindaco, assessori e prevosti
sian sempre a braccetto!
Quanti ne ho conosciuti di Mazzarò, ricchi e pitocchi,
di matti come Dino Campana,
tapini qual Ivan Denisovič
e di scontente Madeleine Forestiere
che se la intendono con un qualsiasi Bel Ami dal portamento di signorino.
Ma finiamola qui,
per non interdirvi e perché questo è
il mio romanzo,
che a dirla tutta, non ho interesse particolare a spartire.
Un’ultima riflessione mi sento in animo di condividerla,
per come me la suggerisce Dickens,
comodamente disposto qui a fianco la tastiera da cui vi scrivo:
egli sosteneva fosse bene
tener con sé un taccuino delle proprie riflessioni,
di modo da aver sempre qualcosa di interessante da leggere.
Ecco, a dirla tutta, non ho la stessa stima della mia penna,
quanto a giusta guisa egli avesse della propria,
ma con un certo piacere mi son dilettato in questo viaggio narrativo:
“Le marionette”,
“Le viole”,
“Piccola commedia destrutturata”,
“S.P.Q.R.”,
“La notte di S. Lorenzo”,
“La dote di Lyosha”,
“La premiazione”,
“La leggenda di frate Romualdo”,
“Il piccione”.
Nel cassetto depongo finalmente i miei primi scritti,
non possedendone alcun’altro,
poi che nelle intense letture,
l’inevitabile paragone coi maestri fu sempre tanto impietoso,
da non salvare un solo appunto dall’incartocciamento!
O per dirlo con Boileau:
“Tutte le volte ch’io li leggevo” – i maestri – “mi facean pentire delle mie scritture”.
Da dove infine questa mia malinconia
all’ora dei saluti?
Ungaretti nel suo “commiato”
espresse il senso del lavoro!
– Inizio –
Valutazioni Giuria
20 – COMMIATO – Valutazione: 29 Giud.1: Ammirevole per la scelta del genere e del contenuto. Giud.2: Apprezata la forma del racconto e l’uso di termini non comuni. Belle le citazioni a vari autori. Giud.3: La lettura come rifugio, gli scrittori come compagni di vita, termini di paragone e ispiratori. Espresso in modo magistrale. Il finale ci induce a sperare che non sia un commiato definitivo! Giud.4: Buona l’idea, forma originale. |