2 – L’intervento
Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi…
Peccato che…
Ma sarebbe meglio partire dall’inizio. Eravamo in tre quel giorno, io, Massimo e Claudio.
L’impegno era andare a trovare Stefania reduce da un intervento.
Sapevamo che era dovuta andare in ospedale, non sapevamo perché. Ma dal momento che ce l’aveva detto, probabilmente, non era una cosa grave.
Massimo, che conosceva bene Stefania, disse che se non fosse stato così non ci avrebbe certo invitato.
Stefania era single per vocazione, viveva in un appartamento in centro, lavorava in proprio come consulente d’immagine. Era in quella veste che Massimo l’aveva conosciuta. Lui come agente di commercio ce la metteva tutta, gli mancava però la capacità di costruirsi un’immagine vincente. Così si era rivolta a lei, dopo aver scoperto il suo sito internet in cui prometteva di trasformare chiunque in un’icona di stile e savoir-faire, senza però rinunciare a sé stessi e al proprio modo di fare. In poco tempo, grazie a lei, l’avevamo visto cambiare. Via gli abiti color carta da zucchero, le cravatte sgargianti, le calze bianche, aveva cominciato a sfoggiare certi completi scuri su camicia bianca aperta sul petto, scarpe nere e calzini in seta. Oppure, polo color pastello, calzoni di lino chiaro e sneaker. Aveva cambiato montatura di occhiali, tagliato i capelli a zero e fatto crescere il pizzetto. Più sicuro di sé, aveva visto aumentare il fatturato, gli affari ora navigavano a gonfie vele. Io e Claudio avevamo assistito alla metamorfosi, all’inizio con ironico scetticismo, dopo con stupore, infine con una certa invidia. Poi, come quando ci si avvicina troppo ad un malato contagioso, ci sentimmo diversi, cominciammo a guardarci allo specchio, finendo per affidarci anche noi alle arti di Stefania. Che in meno di una settimana evidenziò i nostri punti deboli e li corresse, facendo anche di noi altre due icone di stile e savoir-faire. Claudio, che ha perfino cambiato auto per essere più in tono con la sua nuova immagine continua a fare il promotore finanziario, ma da quando ha cambiato pettinatura e stile di barba, sembra un altro. Anch’io, che faccio a tempo perso serate come pianista di piano bar, ho notato che la mia vita è cambiata da quando ho adottato uno stile più sobrio: dolcevita nera, giacca di tweed, jeans. E per gli ingaggi la mia agenda è piena fino a giugno.
Per cui ci era parso naturale non rifiutare l’invito, ma prima ci saremmo fatti un aperitivo.
Dopo tre spritz, leggermente annebbiati, acquistammo in tre un bel mazzo di fiori e mentre salivamo le scale per arrivare all’appartamento, avevamo l’aspetto di tre azzimati pretendenti.
Al suono del campanello sentimmo echeggiare da dentro una voce un po’ arrochita che ci autorizzava ad entrare. La porta era aperta.
Avanzammo oltre l’ingresso nel corridoio poco illuminato, come del resto le restanti stanze dove le tapparelle erano ancora abbassate, nonostante l’ora e la bella giornata fuori. Percepivamo un so che di stonato nell’essere immobili in quella penombra aspettando Stefania, che da un’altra stanza ci aveva detto intanto di accomodarci, in più l’aperitivo un po’ troppo alcolico cominciava a darci alla testa. Il soggiorno era in penombra, solo dalla tapparella leggermente alzata provenivano strisce di luce che rimbalzando da una specchiera proiettavano sulla parete effetti quasi caleidoscopici. Poco dopo comparve.
Quando accese la luce fu subito chiaro a tutti e tre che il famoso intervento altro non era che un’operazione di chirurgia estetica, e che non era particolarmente riuscito. Stefania aveva qualcosa di innaturale, il naso che una volta era solo leggermente aquilino adesso era piccolissimo e puntava un po’ troppo verso l’alto: la caricatura di un naso alla francese.
“Ebbene che ve ne pare?”
Tutti e tre pensammo la stessa cosa ma cancellammo l’espressione di stupore idiota dai nostri volti uscendo con espressioni entusiastiche tanto esagerate da suonare come moneta falsa.
“Dite sul serio o mi state adulando?”
“No davvero” disse Claudio che si tratteneva a stento, “sei bell..”
“Stai cercando di non ridere?”, ribatté Stefania in falsetto.”
“Certo che n…no!”
Massimo si guardava le scarpe per non scoppiare a ridere, ma erano evidenti i suoi sforzi.
“Fatti guardare, scusa…”, dissi io cercando di nascondere l’imbarazzo.
Poi accadde l’irreparabile. Claudio che non reggeva l’alcol, e aveva perso del tutto i freni inibitori, disse a mezza voce: “un’icona di stile e savoir-faire…”.
Persa ogni delicatezza, Stefania sciorinò una lista di improperi. L’ultima cosa che mi ricordo di quella giornata è l’immagine del mazzo di fiori che precipitava dalla tromba delle scale mentre stavamo uscendo frettolosamente dal portoncino.
3 Commenti