18 – Non è una commedia italiana
“Ma dove scappi così di corsa, Giorgio? Aspettami, vengo con te”
“Lasciami stare! Vattene!”
“Ma Giorgio, non fare così…sai quanto ti voglio bene e quanto ti vuole bene la mamma. Resta un altro po’ almeno, salutali e poi te ne vai…solo cinque minuti”
“E rimanere a guardarli negli occhi?! Mentre mi giudicano e sparlano alle mie spalle…bella famiglia! Meglio perderla che trovarla!”
Giorgio uscì su tutte le furie, lasciandosi dietro il rumore sordo della porta sbattuta.
“Ecco…è andato…la solita testa calda…Mamma! Mamma!”
…
“Mamma!!!”
Dal corridoio una serie di tintinnii, passetti appena accennati, si avvicinarono.
“Eccomi, eccomi! Che c’è? Cos’è questo trambusto? Di là il signor Brigazzi e il papà stanno giocando, muovetevi tu e Giorg- Ma dov’è andato Giorgio?! Di là, la figlia del Brigazzi, l’aspetta e poi ci sono le sor Maria, Frisella e Tanina. Agata, allora?!”
“…se n’è andato ma’…ho provato a dirgli di calmarsi, ma niente…Insomma, voi proprio non volete capire?”
“Cosa? Cosa c’è da capire? A quello poi gli passa, fidati suu. Sono cose che vanno, periodi. No, ciccina? E poi tu sei sempre bella, così brava. Gli passa dai.”
“Mamma, ieri Giorgio vi ha detto che è gay e tu, insieme al papà, cosa decidete di fare? Il giorno dopo invitate a casa il signor Brigazzi, la figlia zitella e le tre sor! Ma con quale intento poi!”
“Oooh Agatina mia, non mi stressare! Su, Giorgio è fumino! Non ci pensare, gli passa. Quello a cui bisogna stare attenti, piuttosto, è la salute di tuo padre. Ieri, poco ci mancava. L’ho fatto per lui…e per Giorgio, ovviamente! Con queste cose non si sa mai. Ora su, vieni di là. Ti aspettano tutti.”
La signora Grazia, vestita di tutto punto per l’occasione, prese sottobraccio la figlia, e con passo flebile e veloce si diresse verso il soggiorno.
Negli occhi di Agata si configura la strana scena, come di uno scontro concitato: le tre sor, dal collo teso e lungo, intente a scrutare, valutare e pontificare su qualsiasi cosa luccicasse o parlasse; il papà fintamente concentrato sul cavallo in E5 sorseggiava non curante la grappa di more. E il signor Bragazzi, decisamente non capace di giocare a scacchi, intento a girarsi intorno, lanciando occhiate di aiuto alla povera figlia, posata sul divano vicino a lui, e che da ben quarantacinque minuti era nel più totale silenzio.
“Ohh ma che trambusto è?!” Proruppe il padre, senza alzare lo sguardo dalla scacchiera, con i sensi come acuiti all’unisono “Pare il modo? Qua, col signor Brigazzi!”
“Ma no, no non si preoccupi” deglutì il signor Brigazzi, decisamente in imbarazzo e volenteroso di tirarsi fuori da una situazione evidentemente privata, in cui, a sua insaputa, era completamente immerso “Quale trambusto? Io, personalmente, non ho sentito nulla…”
“Ma va là, va là! La smetta di fare complimenti! Dov’è quel maledetto?! Quella disgrazia! Quel-
“Amore calmati…”
“Si papà, lascia stare, veramente…”
Ma il signor Ubaldi non aveva la minima intenzione di tacere. Suo figlio…un ricchione, un finocchio! Che scherzo era mai questo? “Dov’è?” Riprese Ubaldi.
“Se n’è andato papà…”
“Signor Ubaldi…” Brigazzi si inserì di sbieco nella conversazione “Io e mia figlia dovremmo andare, sa le commissioni!…” le tre sor si girarono all’unisono verso Brigazzi, attendevano bramose informazioni, succulente storielle. Pensavano a perché il padre fosse così arrabbiato con il figlio, a dove fosse, a un debito di gioco, problemi di droga, amanti e così via, nella loro testa, nascevano e morivano miti e leggende.
Ubaldi mise adagio una mano sulla coscia del Brigazzi, a lui dinanzi “Mio caro…le commissioni sono gravose, lo so per certo…” tutto, in quel suo tono calmo, pareva finto e forzato “ma fra poco sarà pronto il tè…ci sono i biscottini di Grazia e la partita da finire, no?”
Brigazzi non poté fare altro che annuire e rimettersi composto sul divano.
Il tè arrivò, fu bevuto in un silenzio quasi mistico, intenti a sorseggiare la calda bevanda.
Il crepuscolo arrivò presto. Gli ospiti si congedarono formalmente e la casa brevemente si svuotò della sua aria conviviale. Rimasero in tre, sul divano, in silenzio. Agata, Grazia e Ubaldi.
“Beh…io andrei a cercarlo…” disse Agata
“No. Ha fatto una scelta. Qua, in casa mia, ci torna solo con l’anello al dito e con un nipote in braccio!”
Valutazioni Giuria
18 – Non è una commedia italiana – Valutazione: 32 Gaia: Il racconto è divertente, se preso sul ridere come merita. I personaggi sono ben connotati: la figlia coscienziosa, la madre che fa di tutto per mediare gli squilibri domestici; il padre ottuso e dispotico, l’amico in imbarazzo, la figlia dell’amico silenziosa, le tre sor pettegole, assetate di particolari… Il tutto ha un che si teatrale; la vicenda è decisamente movimentata e chiassosa, pare di vederla davanti agli occhi. Buona la trama, vivace la narrazione. Qualche appunto sulla lingua: qualche imprecisione nell’uso dei tempi verbali (un presente fuori posto quando Agata rientra nel salone e “si configura..:”); una frase scorretta: “Il tè arrivò, fu bevuto in un silenzio quasi mistico, intenti a sorseggiare la calda bevanda.” (manca un soggetto che supporti l”intenti a sorseggiare”). Matteo: Una commedia davvero riuscita e divertente. I personaggi sono ben costruiti e si muovono con naturalezza sulla scena. Solo un passaggio non mi convince: quando nella prima parte Agata definisce il fratello una testa calda. Mi sembra invece che lei consideri giustificata la sua reazione, pur non avendo il coraggio di difenderlo fino in fondo. Sarebbe, a mio parere, un pensiero più adatto alla madre. Paola: … e invece sì e funziona. Il racconto, svolto integralmente tra le mura domestiche, ha l’impostazione di una piece teatrale sia per la coloritura delle battute sia per la marcata connotazione dei personaggi. Giorgio appare e scompare ma il suo outing getta una famiglia assai tradizionale nello scompiglio più totale e ognuno, etranei compresi, reagisce secondo il cliché. Qualche imprecisione stilistica. Pietro: Una commedia italiana di prim’ordine. Un unico appunto. La frase «Mamma, ieri Giorgio vi ha detto che è gay e tu, insieme al papà, cosa decidete di fare?» è, oltre che un pessimo modo di dare un’informazione (la classica battuta a favore di pubblico), del tutto inutile; i pensieri del signor Ubaldi («Suo figlio…un ricchione, un finocchio! Che scherzo era mai questo?») sono più che sufficienti. E poi non sarebbe male far venire al lettore un bel collo lungo e teso, come quello delle tre sor. |