17 – Riempire il silenzio

18 Gen di editor

17 – Riempire il silenzio

Ci fu un lungo silenzio rotto solo dal rumore assordante delle vene che pulsavano, un rumore che solo io potevo sentire. Panico. Adrenalina. Per tutti gli altri era ancora silenzio, quello che era calato sul palcoscenico dopo che Ilda, alla terza volta che ripeteva la stessa battuta, aveva preso a balbettare suoni sconnessi. Ripetei di nuovo la mia battuta, un po’ variata, in modo che riuscisse a cogliere più facilmente l’aggancio. Niente. Silenzio. I suoi occhi, invece, parlavano di vuoto e paura, di quell’assoluta certezza di non ricordare più nulla del copione, che ogni aspirante attore ben conosce.

Secondi? Minuti? Ore? Da quanto tempo eravamo lì? Il tempo scorreva per me allo stesso modo in cui scorreva per gli spettatori? Se era così, allora erano passati lustri, io ero invecchiata e probabilmente qualcuno tra il pubblico era pure già morto e decomposto.

E poi, l’inaspettato: Ilda ruppe il silenzio correndo fuori dalla scena, dietro le quinte, e io rimasi sola. Sola sul palcoscenico di fronte al pubblico che non aveva idea di cosa stesse succedendo. Ma davvero, non tanto per dire. Tutti (a parte gli addetti ai lavori) erano convinti facesse parte della commedia, lo si vedeva dalle espressioni divertite e coinvolte degli spettatori in prima fila, desiderosi di sapere come continuasse lo spettacolo. Del resto, si trattava di una commedia metateatrale nemmeno tanto conosciuta, ogni cosa era plausibile. Anche il silenzio, che dal palco sembrava riversarsi nella platea attraverso il boccascena seguendo le ondate di nausea che faticavo a trattenere. Ilda mi aveva mollata lì, sola e senza via d’uscita.

E allora il silenzio lo ruppi io e improvvisai. Vorrei potervi raccontare cosa dissi, quali battute uscirono dalla mia bocca per riempire quel vuoto imbarazzante, vorrei poter ripetere il mio monologo ancora una volta, ma non lo ricordo.

Inventai tutto. Tutto, senza perdere il filo, nemmeno quando Ilda improvvisamente rientrò in scena. Eppure, a quel punto, nulla poteva scalfire la mia convinzione nel portare avanti la parte, convinzione sostenuta dalla certezza che peggio di così non potesse andare. Chiaramente sbagliavo.

Ilda riprese esattamente da dove aveva lasciato, costringendomi a ripetere di nuovo parte della scena. Dentro piangevo ma fuori, ah fuori, ero tutta ardore e determinazione: non mi ero mai sentita così viva in scena. Capii davvero in quel frangente il profondo significato di quello “stai” che i maestri spesso avevano ripetuto durante le lezioni di recitazione. Stai nel momento, vivilo, abitalo mentre accade. Il famoso hic et nunc, qui e ora, dove l’ora per me, in quella situazione assurda, durava da circa trecentoquarantamiliardi di minuti invece dei canonici sessanta.

Trecentoquarantamiliardi di minuti di sudore e di preoccupazione che la camicia non si infradiciasse a tal punto da tradire il mio panico.

Stai.

E stetti.

Stetti lì, retta in piedi dall’adrenalina.

Stetti lì a prendere un applauso a scena aperta che sapevo di aver guadagnato con grande fatica mentre mi odiavo per non aver potuto seguire il copione e le direttive del regista in quello che sarebbe stato l’ultimo spettacolo da lui diretto prima di morire.

E sì, odiavo un po’ anche Ilda e le sarei saltata al collo.

Ma stetti.


Valutazioni Giuria

17 – Riempire il silenzio – Valutazione: 29

Giud.1:
Racconto piacevole e linguaggio chiaro. La protagonista del racconto fa vivere il suo stato d’animo appieno.

Giud.2:
belle le emozioni e la suspance che lascia al lettore, racconto gradevole. ho molto apprezzato la scelta del argomento

Giud.3:
Scorrevole, avvincente, immediato nel coinvolgere. Ruolo centrale del silenzio suggerito dall’incipit. Il sentimento di odio espresso nel finale mi lascia un po’ perplessa.

Giud.4:
Peccato quel voler far diventare lo spettacolo “l’ultimo” del regista, lo trovo un pensiero estraneo. Comunque un buon lavoro.