16 – Dentro la pozzanghera (e quel che vi trovai)
Era bello tornare a casa dopo la scuola quando la mattina aveva piovuto e sull’asfalto rimanevano pozzanghere in cui saltare a piedi uniti, facendo schizzare l’acqua tutt’intorno. All’uscita da scuola, la mamma mi portava sempre gli stivaletti da pioggia, gialli come il sole che in quelle giornate mancava. Io li infilavo ai piedi e poi mi scatenavo saltando da una pozzanghera all’altra, seminando la mamma che invano provava a inseguirmi.
Anche l’ultima volta, stavo zompettando allegramente di qua e di là, quando, appena svoltato l’angolo, all’improvviso scivolai e caddi in una pozzanghera. Ci caddi proprio dentro, la trapassai e finii da questa parte, dove ora mi trovo.
Non sapevo dov’ero. Guardai sopra di me e, attraverso la cangiante pellicola d’acqua che mi faceva da cielo, la vidi passare. Sembrava preoccupata. La chiamai ma lei non mi sentì e continuò per la sua strada. “Mamma, sono qui!” urlai più forte. Nessuna risposta. Scoppiai a piangere ma le mie lacrime non si mescolarono al terreno già melmoso su cui ero seduta, bensì salirono verso l’alto ad accrescere lo specchio d’acqua della pozzanghera sopra la mia testa.
Mentre alzavo lo sguardo umido, una lucida membrana rossa oscurò la mia vista. Al mio fianco una creaturina tozza e bitorzoluta tendeva sopra la mia testa un ombrello: “Se di pianger non vuoi smetter, almen le catturiam. Le tue lacrime il passaggio stann facend allargar! Tutti quanti qui cadrann e il segreto scoprirann”. Ero talmente stupita che smisi di piangere e fissai lo sguardo sulla creatura. Se non avesse avuto gambe e braccia, la si sarebbe potuta scambiare tranquillamente per un sasso.
Aveva chiuso l’ombrello intrappolando al suo interno l’acqua salata delle mie lacrime. “Che posto è questo?” gli domandai “Come ho fatto a finire qui? E tu chi sei?”. La creatura-sasso sì schiarì la voce bassa e rocciosa e rispose: “Sei cadut nella pozzanghera, è così che sei arrivat! Siam nel mondo oltre le cose, dove tutto è altro da sé. Siam quel che non si ved, il nascosto, quel che manc per esser tutto”. “Parli strano!” osservai sorridendo. “Di mancanze me ne intend, s’è scheggiat la mia pietra e mancand a me un tocchetto, anche i verbi hann pers un pezzo”, mi rispose scoprendo un buco all’altezza della nuca. “Ma ora andiam, vien con me, c’è dell’altro da veder”.
Disse così e si incamminò in mezzo alla fanghiglia. Lo seguii fino a una costruzione di rami secchi, mozziconi di sigaretta, bastoncini del gelato, tenuti assieme da gomme da masticare. La cosa davvero singolare era che il tetto non stava sopra la casa, bensì sotto. “Ah! Casa dolce casa” esclamò la creatura-roccia. “Ma quando piove come fai senza un tetto sulla testa a non…” abbozzai io, lui mi interruppe: “Bagnarm? Tutte le gocce qui salgon, non scendon. Il tetto, sotto non sopra, serv!” ribatté scuotendo il capo ed entrò in casa.
Ero così incuriosita da quello strano mondo che decisi di non seguirlo e me ne andai a zonzo nei dintorni. Arrivai in quella che sembrava una fabbrica dove tanti esserini di forme strane facevano funzionare un marchingegno pieno di tubi in cui circolava dell’acqua.
“Ah! Pers, io ti avev!” esclamò una voce rocciosa alle mi spalle. “Volevo solo guardarmi un po’ in giro, signor… Qual è il tuo nome?” “Nome? A che serv? Non ne ho! Solo uno è noioso, puo inventart come chiamarm”. E dopo questo strampalato suggerimento mi lasciò là per andare, con il suo ombrello rosso saldo nel pugno, verso una grande imboccatura dove rovesciò le lacrime in esso contenute, così come facevano anche altre creature. Le lacrime passavano all’interno dei tubi per teminare il loro tortuoso percorso in una bottiglia. “Raccogliete lacrime?” chiesi al Signor Sasso, avvicinandomi. “Voi un sacco ne versat!”.
Rimasi a contemplare ammirata e divertita quell’andirivieni di strani personaggi e ombrelli colorati, perdendomi nelle spire delle tubature e dimenticando la mia sventura.
Da quel giorno è passato un po’ di tempo, non so quanto perché io non sono cresciuta di un centimetro.
Non mi hanno mai trovata, forse perché gli adulti non sanno dove cercare davvero, come guardare dentro alle cose e scoprirne i segreti. Eppure, se cercassero meglio, si accorgerebbero che è proprio qua, nel mondo oltre le cose, che finiscono tutti i bambini quando scompaiono.
Valutazioni Giuria
16 – Dentro la pozzanghera (e quel che vi trovai) – Valutazione: 31 Giud.1: Racconto particolare per la trama: originale, enigmatico e piacevole. Giud.2: bella la combinazione realtà e fantasia. mi è piaciuto il personaggio creatura-sasso (soprattutto il suo linguaggio in rima). bello il finale. adatto ai bambini per il linguaggio semplice. Giud.3: Una vera favola. Simpatica, curiosa, leggera, ma con un paio di allusioni che potrebbero far riflettere. Originale per contenuto e modalità espressiva. Giud.4: Se lo paragono al soldatino di piombo, cosa non va? Questo manca di coerenza. Ma la fantasia è apprezzabile. |