13 – Gli occhi di Martina

5 Gen di editor

13 – Gli occhi di Martina

“Non potevano essere più diversi di così…

Eppure la vita li aveva spinti fino qui!”

Cancellò di nuovo i primi due versi, scuotendo la testa.

Il campanello suonò. Guardò dallo spioncino e vide gli occhi scuri di Martina, quegli occhi così diversi dai suoi. Aprì e la fece entrare.

«Ehi, che piacere, non vieni mai a trovarmi il sabato mattina…» disse Michele.

«Dopo la chiacchierata di ieri sera mi sentivo un po’ in colpa e sono venuta a vedere come stai…» rispose Martina.

Michele non era certo di buon umore. Anche se forse la cosa che più lo abbatteva era quanto gli suonassero banali i versi che aveva scritto…e il giro di accordi del ritornello non lo convinceva. Ci lavorava dalla mattina presto e non funzionava. Come non funzionava da troppo tempo.

«In colpa? Solo perché per l’ennesima volta hai sparato a zero su una mia relazione? Solo perché col tuo atteggiamento fai sentire a disagio chiunque esca con me?» proseguì Michele.

«Dai, papà, non fare così! Era finita, no? E poi sei d’accordo anche tu che eravate diversi… ».

«Stavolta ti sei fissata sul fatto che avevamo quindici anni di differenza…»

«Diciassette. Ma non è della differenza di età che parlo. Non avevate proprio niente da condividere: gusti, abitudini, passioni… niente».

«La verità è che tu speri ancora che io ricucia il rapporto con tua madre! Anche a lei rendi impossibile stare con qualcuno?»

«Papà, non sono più una bambina! È evidente che due persone tanto cocciute da non parlarsi neanche per gli auguri di Natale non possono ricucire niente. Ma se vuoi saperlo, credo sia stato stupido da parte vostra non concedervi una seconda possibilità! E comunque riguardo Renzo, sì, anche a mamma ho detto che non mi piace!»

«Ah, quindi avevo ragione! E secondo te io e tua madre, invece, non eravamo diversi?»

« Molto, ed era la vostra forza. Vi piaceva completarvi. Lei ti ha insegnato a viaggiare , tu le hai insegnato ad ascoltare la musica…e poi scrivevi. Quant’è che non scrivi più una canzone? Il tuo ultimo album l’hai finito quattro anni fa, prima che cominciasse la crisi con mamma. Da allora non ti ho più visto mettere te stesso con passione nel tuo lavoro, nella tua musica. È come se non ci avessi neanche provato!»

«Non ci riesco. Oggi stavo persino provando a scrivere un pezzo ispirandomi al tuo discorso di ieri, ma non funziona».

«Forse non è quello che devi scrivere…forse non devi partire dal mio pensiero, ma dal tuo…»

«Forse non sono così diversi» rispose Michele rilassandosi in viso.

«Continua a provarci, fallo per me. Voglio vederti credere di nuovo nel tuo lavoro!»

Si abbracciarono e si salutarono.

Forse per la prima volta gli era chiaro quanto a Martina mancasse quel padre vivo ed entusiasta che era stato. Pensò che le doveva qualcosa in più.

Guardò di nuovo il foglio e ripensò agli occhi di sua figlia. Gli stessi di Lara. Lo stracciò e riprese in mano la chitarra: ripartì da capo, stavolta dal testo, lo scrisse senza pensare ad una metrica. Poi rigirò gli accordi della strofa, rifece il ritornello in maggiore, lo suonò con un’altra ritmica, gli diede un profumo più fresco, più spontaneo. Sembrava funzionare. Anzi, gli piaceva.

Lavorando con penna e chitarra era passata l’ora del pranzo, e aveva continuato senza staccare per tutto il pomeriggio. Da molto tempo non si immergeva così nel lavoro. Ormai era l’ora di cena e aveva davvero fame. Fece per dirigersi in cucina, ma si fermò, prese il telefono e chiamò.

«Ciao, come stai?» salutò, cercando di sembrare naturale.

Dopo un breve silenzio arrivò la risposta.

«Non c’è male, e tu?»

«Bene…senti, vorrei farti sentire una cosa che ho scritto»

«È stata Martina a dirti di chiamarmi?»

«No, ormai ci conosce troppo bene…sa che se me lo avesse chiesto non l’avrei fatto. Avevano ragione quelli che dicevano che ha i tuoi occhi, sai?»

Ci fu un altro breve silenzio.

«L’ultima volta che mi hai cantato una canzone al telefono eravamo fidanzati…» riprese Lara.

«Sì, è passato molto tempo…»

«E non ti sembra un po’ tardi adesso?»

«Sono solo le otto e venti…»

Stavolta il silenzio disegnò nella mente di Michele l’immagine di Lara che sorrideva.

«Io non lo avrei mai fatto, sai?» disse Lara, quasi sussurrando.

«Che cosa?» chiese Michele.

«Chiamarti»

«Lo so bene, siamo diversi io e te»

Ci fu un altro breve, piacevole silenzio.

«Cantala»


Valutazioni Giuria

13 – Gli occhi di Martina – Valutazione: 28

Commento:
Una bella storia di famiglia in cui nessuno appare forzato. La figura della figlia è interessante: non è rancorosa ma riesce a vedere i suoi genitori con occhi più sinceri di quanto sappiano fare loro stessi. Lineare e ben scritto