12 – LA CORSA DI GIORGIO
“Ma dove scappi così di corsa, Giorgio? Aspettami, vengo con te.”
Giorgio continuò a correre senza badare al ragazzo che si era affiancato a lui.
“Dai fermati” gridò “Dimmi dove stiamo andando?”
“Pyramiden” rispose senza smettere di correre. “È lì che sto andando.”
“Pyra…che?”
“Pyramiden una città semi abbandonata in Norvegia. Neve, orsi polari, volpi artiche.”
“Norvegia, certo” sospirò il ragazzo continuando a correre “ma non possiamo partire così. Fa freddo. Dobbiamo comprare vestiti pesanti, scarponi e attrezzatura, una bussola ad esempio, se no ci perdiamo. Dai, smettiamo di correre, dobbiamo fare una lista delle cose da portare con noi.”
Giorgio si fermò di colpo. “Davvero verresti con me?”
“Certo” il ragazzo gli prese la mano. “Dai vieni, organizziamoci.”
Sua madre aveva osservato tutta la scena da dietro il vetro. “È in gamba quell’infermiere” sussurrò.
“Sì” confermò il medico alle sue spalle. “Riesce sempre a calmarlo. Prima che arrivasse dovevamo fermare Giorgio con la forza. Una volta siamo stati costretti perfino a sedarlo o avrebbe corso fino allo sfinimento.”
“Succede ancora tutti i giorni?”
“Anche più volte al giorno. Ogni volta una meta diversa.”
La donna si girò verso il medico. Aveva gli occhi lucidi. “Perché lo fa?”
“È l’ultimo ricordo che ha della sua vita normale. Lui che scende le scale e corre fuori in cerca di aiuto. Credo che sia il suo modo di esorcizzare il senso di colpa.”
“Ma non è stata colpa sua. Suo padre ha dato fuoco alla casa, si è addormentato ubriaco con la sigaretta accesa e…” Le parole le morirono in gola.
In quel momento Giorgio entrò nella stanza.
“Ciao mamma” disse abbracciandola.
“Ciao piccolo come stai?”
“Bene, mi hai portato i dolcetti?”
Lei sorrise, battendosi la tasca. Uscirono nel grande giardino che circondava l’ospedale e passarono il pomeriggio chiacchierando e mangiando biscotti.
Negli ultimi due anni era andata a trovare suo figlio ogni settimana. Si sedevano fuori e parlavano, ma non era mai riuscita a fargli raccontare di quel maledetto giorno che aveva spezzato le loro vite e si era portato via la piccola Linda. Non era nemmeno sicura che lui ricordasse quello che era successo.
Non forzare la mano era stata l’indicazione del medico. Bisognava aspettare che fosse lui a parlarne.
Uno dei tanti pomeriggi in cui lei arrivò all’ospedale trovò Giorgio che correva da solo. L’infermiere, seduto su una panchina, lo controllava.
“Da quanto corre?” chiese avvicinandosi.
“Quasi mezz’ora” rispose lui. “Altri cinque minuti e lo fermo.”
Sua madre lo guardava in silenzio, gli occhi gonfi di lacrime. “Posso farlo io?” chiese.
Lui la fissò perplesso. “È sicura?”
Annuì, senza smettere di seguire suo figlio con lo guardo e quando lui le passò accanto lei iniziò a correre al suo fianco.
“Ciao amore. Dove corri? Posso venire anch’io?”
“Ciao mamma, che stai facendo?”
“Corro con te. Dove vuoi andare?”
Lui sembrò rifletterci un attimo e poi disse “voglio andare a casa. Nella nostra bellissima casa in centro.”
“Va bene” sussurrò lei, andando a caccia di aria. “Adesso fermati però dobbiamo preparare la tua valigia.”
Giorgio si bloccò di colpo. I suoi occhi erano coperti da un velo di tristezza.
“Non è vero mamma. La nostra casa non esiste più, è bruciata.”
Lei si piegò, tentando di riprendere fiato. Ci siamo, pensò.
“Allora te lo ricordi” gli chiese.
Si sedette sull’erba. “Non è stata colpa mia” singhiozzò. “Ho cercato di svegliare papà, ma non ci sono riuscito. Il fumo diventava sempre più nero e io ho avuto paura. Così sono corso a cercarti. E ho corso, ho corso. Pensavo di farcela. Pensavo che se fossi arrivato da te assieme avremmo potuto aiutare Linda.”
La madre gli accarezzò i capelli. Un nodo le serrava la gola.
“Avrei dovuto portarla con me. Ho provato a tirarla fuori dalla culla, ma era troppo pesante. Non riuscivo a respirare e mi bruciavano gli occhi.”
Sua madre lo abbracciò forte. Giorgio scoppiò in lacrime. Era la prima volta da quel terribile giorno che lo vedeva piangere.
“Portami via di qua, ti prego” sussurrò.
“Va bene” rispose lei, sorridendo. “Ora abbiamo una nuova casa, ti piacerà, ma devi promettermi che smetterai di correre.”
“Perché mamma a me piace, sto bene quando corro.”
“Ok allora, troveremo un posto dove potrai correre, anzi, dove potremo correre assieme.”
Vautazioni Giuria
12 – LA CORSA DI GIORGIO – Valutazione: 25 Gaia: Il racconto cattura velocemente l’interesse del lettore, certamente stupito dal fatto che la corsa di Giorgio abbia motivazioni in qualche modo patologiche. I vari passaggi sono un po’ veloci, ma il vincolo delle battute non consente grande approfondimento. Benché si abbia la sensazione che la vicenda sia risolta in modo un po’ sbrigativo, i fatti narrati sono interessanti e il racconto è coinvolgente. Il dolore profondo della madre, lo straniamento di Giorgio dovuto al trauma subito, la cura del medico e dell’infermiere sono ben resi. Il fatto che Giorgio desideri continuare a correre rende meno precipitoso il finale, facendo intendere che il percorso di guarigione richieda ancora del tempo. L’uso della punteggiatura non è sempre corretto. Una critica: la struttura non è chiarissima; il racconto inizia con dei fatti che paiono i più recenti; più avanti, tuttavia, viene raccontato l’episodio centrale (quello in cui Giorgio, finalmente, piange e racconta il terribile giorno dell’incendio) che, evidentemente, è successivo a quanto raccontato all’inizio: c’è una certa incongruenza. I fatti andavano scanditi meglio dal punto di vista temporale. Nel complesso, comunque, un buon racconto. Matteo: Le due scene descritte nel racconto meriterebbero entrambe maggior spazio. Sono troppo sostanziose per un racconto breve, con il rischio che il lettore, almeno a una prima lettura, perda per strada dei pezzi. Mi concentrerei sulla prima, a mio parere molto ben congeniata. Paola: L’esordio è singolare e toccante. Bella l’immagine dell’infermiere che fa breccia nella dinamica che il ragazzo mette in atto per sfuggire al suo dramma. La vicenda narrata coinvolge il lettore, come anche la conclusione che lascia intravedere un punto di ripartenza per madre e figlio. Peccato che il poco spazio narrativo a disposizione abbia costretto a condensare gli eventi del passato e quelli del presente, senza poterli esplodere adeguatamente. Pietro: Il racconto è scritto molto bene, soprattutto la scena iniziale. Il problema è che è troppo veloce: tutte le difficoltà della madre a comunicare col figlio, esposte nella prima scena, nella seconda vengono superate. Forse è una storia troppo lunga per questo breve spazio. |