12 – Ora lo so

8 Dic di editor

12 – Ora lo so


Ora lo so: non è sempre vero che le scelte più sagge le compie chi ha i capelli bianchi. Il nonno avrebbe voluto disfarsi di quei quadri surreali regalati negli anni cinquanta da un amico belga, un certo Renè. Il giovane Harry si oppose ed ebbe ragione. Capirete perché.

Nella dimora di Winterbrook House i famigliari di Sir Mallowan si erano riuniti per la veglia. Richard li aveva lasciati inaspettatamente. Non soffriva di patologie importanti, gli anni però cominciavano ad essere tanti. Il salotto era stato approntato per la circostanza, fotografie del defunto appoggiate sui pizzi macramè della nonna. Alcune mostravano stralci degli istanti più belli vissuti con i familiari. Gli amici assaporavano biscotti fatti in casa accompagnati da una leggera musica di sottofondo e da qualche aneddoto divertente riesumato dai ricordi. Un angolo era dedicato alle passioni del defunto: quadri e spartiti musicali. Harry fu rapito dalle scene rappresentate da alcune tele esposte. A suo giudizio erano “magnetiche”. (La Magherini vent’anni dopo avrebbe identificato questo stato d’animo con il fenomeno psicosomatico passivo della coscienza, sindrome di Stendhal). Un brusio lo distolse da quella visione. Suo padre, Alex, nell’avvicinarsi alla salma aveva notato, grazie ad un’aureola violacea, un forellino sul collo. Qualcuno insinuò: “per una morte così inattesa, almeno l’autopsia!”. La famiglia non diede importanza alla scoperta, così il giorno dopo, le esequie. Gli zii Max e Agatha Mallowan1 avevano già trovato sepoltura nel cimitero di Cholsey, ed ora anche Richard.

Quella sera sembrava interminabile, in casa l’unico suono proveniva dalla pendola dell’atrio. Il salotto era illuminato dalla luce soffusa di una lampada da tavolo appena sufficiente a far intravvedere i volti dei presenti. Harry si sentiva appesantito da quel innaturale silenzio, fu così che iniziò a sfogliare alcuni libri d’arte che il nonno di consueto consultava. S’imbatté in un foglio piegato in quattro: aveva tra le mani il testamento di Richard. Il legale di famiglia fu prontamente convocato. Lesse le ultime volontà ai presenti. Tutti gli averi di Richard erano stati lasciati ai figli Carol ed Alex. La famiglia Mallowan era sbalordita. Chi era questa Carol? Lo stesso Alex non sapeva dell’esistenza di una sorella. Trascorsero i giorni seguenti a rovistare negli effetti personali del nonno. Nulla che facesse pensare ad un’altra figlia.

Harry non si interessava all’eredità era impegnato in altra ricerca: i quadri erano spariti. Aveva passato al setaccio ogni angolo della casa, chiesto ai genitori, ai domestici, all’infermiera del nonno, Susan, l’unica che aveva mostrato un inspiegabile interesse per le quattro tele del belga. Poi successe che dopo cena Alex ebbe un incidente domestico. Il decimo gradino della scala a pioli, utilizzata per raggiungere l’ultimo ripiano della libreria a muro, era stato letteralmente segato, cosìcchè quando vi appoggio il piede, il suo peso lo fece cedere e si ritrovò a terra. Con il volto tumefatto ed il costato dolorante si coricò.

Harry non smise di cercare i dipinti. Era tarda notte quando il cane dei vicini iniziò ad abbaiare, si affacciò alla finestra, in quell’istante vide Susan con due grosse valige attraversare il giardino. L’impressione era che stesse scappando. Da chi? Meglio dire, da cosa? La rincorse. Harry non impiegò molto a raggiungerla, Susan inciampò e cadde, un bagaglio si aprì, un dipinto spuntò. In casa, la stessa ebbe modo di fornire una spiegazione, che non convinse nessuno. La mattina dopo ricevettero la visita della polizia. Susan era accusata di furto. Le chiesero di mostrare i documenti. Sulla carta di identità: Carol Mallowan. Il nonno aveva sempre saputo chi fosse realmente la sua infermiera. Un giorno le si era presentata alla porta raccontando la sua storia. Lui comprese, certo non avrebbe mai immaginato che sarebbe stata la causa della sua morte. Dopo l’accaduto Alex decise di far riesumare la salma per quel famoso forellino sul collo: una puntura letale. Carol confessò. Era la sua vendetta per essere stata abbandonata.

Mentre la conducevano sulla macchina di servizio, Harry le chiese il perché di così tanto interesse per i quadri, Carol rispose: “le opere di Renè Magritte, valgono una fortuna!”


1 Realmente esistiti e sepolti a Cholsey

4 Commenti

  1. Il tentativo di restituire un’atmosfera da racconto giallo non è riuscito. Manca una stretta consequenzialità tra i fatti, che spesso si ha la sensazione accadano senza un motivo specifico o non portino a nulla. Emblematico in questo senso è il fatto che la scoperta dell’omicidio venga ignorata da tutti. O, ancora, che la morte di Richard non venga mai associata al furto dei quadri e all’incidente domestico, e che porti alla cattura di Carol solo accidentalmente.
    Alcune idee, come l’ultimo gradino della scala segato, sono pregevoli; la prosa funziona.

  2. Per essere un racconto così breve, ci sono troppi personaggi. Eliminerei Harry, sovrapponendolo alla figura del padre (davvero poco utile). L’escamotage dei quadri mi sembra poco riuscito, non essendo molto plausibile che solo una persona in tutta la casa si renda conto della loro sparizione.
    L’intera struttura di questo giallo mi sembra debole e poco realistica. Il rapporto tra padre e figlia, che dovrebbe essere il centro del racconto, non viene minimamente approfondito.

  3. L’idea del giallo è interessante ma la narrazione appare un po’ contorta: ci sono troppi piani sovrapposti e alcune informazioni non essenziali che sviano il discorso.
    Manca un nesso evidente tra incipit e seguito: perchè l’età non denota saggezza?

  4. Un “mini giallo” in perfetta regola. Il fascino dell’ambientazione anglosassone, contribuisce a dargli sapore. Una trama “classica” e ben studiata. La narrazione è scorrevole, anche se il ritmo a volte suona un po’ frammentato per il susseguirsi di frasi molto brevi. La scrittura corretta, nonostante la piccola “svista” (“quel innaturale”).

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