11 – REGINA DEI DOLCI

1 Dic di editor

11 – REGINA DEI DOLCI

Tutta colpa della pastiera.

Cara Maria, ricordate?

Eravamo sposati da poco, il matrimonio si era svolto con tutto lo sfarzo che il nostro rango richiedeva, mentre i sudditi acclamavano i loro nuovi sovrani.

Voi eravate radiosa come non mai, mentre passavamo fra due ali di soldati venuti a omaggiarci; poi, però, quando ci ritirammo nelle nostre stanze, la favola si affievolì.

I matrimoni combinati non lasciano mai molto scampo, in tutti i sensi.

Mentre il tempo passava, le giornate ci vedevano quasi sempre distanti l’uno dall’altro. Le vostre compagne di vita sembravano essere le vostre dame di compagnia, non io, vostro marito e vostro sire.

Voi avevate un’innata predisposizione al ruolo di consigliere reale e mi ponevate parecchie domande. Io condividevo con voi quello che volevo condividere, lasciando, però, una zona grigia fra di noi, cose non dette e segreti che si accumulavano e incancrenivano sotto la dicitura “roba da uomini”.

Ve ne accorgevate, lo sentivate, come io sentivo il vostro notare queste tradizionaliste omissioni.

Soffrivate, anche se non lo davate a vedere.

Ma nel regno tutti cominciarono a chiamarvi “la regina che non sorride mai”.

Era vero. E me ne sentivo in parte colpevolmente complice.

Eravate una fanciulla di rara bellezza e delicatezza, eravate e siete, nonostante il tempo abbia posato su di voi un po’ della sua cenere. I ritrattisti di corte non perdevano occasione d’immortalarvi nelle loro opere e io ne ero orgoglioso e insieme sottilmente geloso, anche per il fatto che, in quei frangenti, vi dipingevano sulle labbra un piccolo sorriso che rimaneva, nonostante tutto, immaginato, perché continuava a non specchiarsi sulle vostre labbra, un poco umide, di una sensualità innocente che accendeva sotto la mia pelle un fuoco divampante.

Dentro di me si cominciò a fare strada il desiderio potente e insopprimibile di vedervi sul viso quel sorriso, anche solo per un attimo, sapevo che sarebbe stato indimenticabile, che mi avrebbe ustionato di bellezza l’anima, come un marchio a fuoco.

Tentai, allora, di fare appello a tutto il mio umorismo e, in separata sede, quando eravamo da soli, vi facevo scherzi, battute, piccoli calembour improvvisati, tanto che fra i sudditi corse la voce sul mio essere un “buontempone”.

Nonostante tutti i miei sforzi, però, il vostro sorriso rimaneva sepolto dentro di voi, senza luce, ad avvizzire.

Per me era diventata un’ossessione, una brama spasmodica, un’ardente voluttà.

Dovevo, a ogni costo, vedervi sorridere.

Mi giunse all’orecchio, allora, che nel regno si usava mangiare un dolce, una torta particolare, nominata “pastiera”, che si diceva avesse origini persino magiche (sembrava c’entrasse la sirena Partenope) e che desse a chiunque ne assaporasse una fetta una gioia incontenibile, tanta era la paradisiaca bontà che quel manicaretto donava alla bocca e al cuore di chi se ne nutriva.

Chiamai, allora, il cuoco di corte commissionandogli questa leccornia.

Avevo, forse, trovato il modo di giungere al mio scopo?

Un giorno vi trovai nelle vostre stanze, mi presentai con una fetta di torta su un piatto riccamente ornato. Gli effluvi di cannella e arancia che emanavano dal dolce effettivamente raccontavano di una bontà sopraffina.

Vi porsi il piatto invitandovi ad assaggiarne il contenuto. Il vostro viso si colorò di un’espressione dubbiosa, ma vi rassicurai: il cuoco desiderava sapere se questo nuovo dolce incontrava il vostro favore, in vista della preparazione del banchetto per la Pasqua imminente.

Infilaste la posata d’argento nella fetta fragrante, staccandone delicatamente un piccolo pezzo e portandolo alla bocca.

Non stavo più nella pelle. Vi fissai, mentre voi non ve ne accorgevate, per non perdere neanche un secondo del miracolo.

E… i vostri occhi si posarono su di me, le guance si mossero assecondando i denti che si chiudevano e… sì!, le labbra si aprirono, prima timide, poi sempre più distese, fino a regalarmi ciò che tanto bramavo e che ancora bramo, ogni volta che accade, come fosse la prima.

Tutta colpa della pastiera, se quel giorno mi sono perdutamente innamorato di voi, dopo avervi sposato, e ancora vi amo, e vi amerò, per sempre.

Sia benedetta la pastiera.

Con eterno amore,

Vostro,

Ferdinando

(Maria è Maria Teresa Isabella D’Asburgo

Ferdinando è Ferdinando II di Borbone)


3 Commenti

  1. Delicato, piacevole, fiabesco. Ricalca da vicino le favole classiche, arricchito dall’interessante riferimento storico: i matrimoni combinati, l’estraneità dei coniugi, a volte la solitudine…
    La narrazione corre fluida e supportata da una morfosintassi corretta. Il lessico è ben impiegato e piacevole. Avrei alleggerito i riferimenti eccessivi, “che mi avrebbe ustionato di bellezza l’anima, come un marchio a fuoco”, a vantaggio della “delicatezza” generale con cui è trattata la vicenda.

  2. Una vicenda deliziosa, così come deliziosa appare questa giovane regina. Il racconto è piacevole e sa coinvolgere, anche se alcuni periodi troppo lunghi appesantiscono un po’ (“I ritrattisti di corte non perdevano occasione d’immortalarvi nelle loro opere e io ne ero orgoglioso e insieme sottilmente geloso, anche per il fatto che, in quei frangenti, vi dipingevano sulle labbra un piccolo sorriso che rimaneva, nonostante tutto, immaginato, perché continuava a non specchiarsi sulle vostre labbra, un poco umide, di una sensualità innocente che accendeva sotto la mia pelle un fuoco divampante.”: si poteva spezzare e snellire!).
    Molto piacevole il romantico capriccio del re, deciso a far sorridere ad ogni costo la consorte. Riuscito l’esito finale: il capriccio soddisfatto diviene causa dell’innamoramento. Nella narrazione la pastiera ha il posto d’onore che si merita!
    La lingua è varia, mai ripetitiva, sempre adeguata. Un testo fluido, coerente, ben scritto.

  3. Racconto incredibilmente dolce, davvero perfetto per la pastiera.
    Il tono del narratore è adatto al contesto particolare della lettera.
    Eviterei forse di andare a capo così spesso, non essendo sempre necessario.
    L’uso degli aggettivi potrebbe migliorare: proverei a limitarlo in alcuni passaggi e a renderlo più vario in altri.
    In ogni caso, molto bene!

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