10 – “SACRIFICIO E DOLORE UNISCONO IL CUORE”

1 Dic di editor

10 – “SACRIFICIO E DOLORE UNISCONO IL CUORE”

Tutta colpa della pastiera. Alessia e Giacomo non erano abituati a quella torta così pesante da digerire. Erano andati a trovare un loro amico, che abitava nei pressi di Napoli, e la madre aveva omaggiato gli ospiti, venuti dal Nord, con una pastiera fatta in casa. Per non offendere le tante ore di lavoro della donna, ne mangiarono così tanta da non sentirsi in grado di affrontare il viaggio di ritorno. Quella notte, quindi, restarono a dormire li. Entusiasti del contrattempo, consumarono la notte selvaggiamente tra le lenzuola. Al mattino si sentivano più uniti che mai. Dentro di loro sapevano che non avrebbero mai dimenticato quel week end. E avevano ragione. Trascorsi un paio di mesi, Alessia si accorse che non le era arrivato il ciclo. Improvvisamente un atroce dubbio l’attanagliò. In quella magica notte di passione, scaldati dalla calorosa ospitalità del Sud, non avevano usato alcuna precauzione. Era incinta. I ragazzi si sentirono soprafatti, da questa situazione, ma i genitori di entrambi li rassicurarono, garantendo loro sostegno e aiuto. Rincuorati, la coppia visse serenamente tutta la gravidanza, trovando anche un appartamento dove poter convivere. Non avrebbero mai immaginato cosa li attendeva. Il primo, scioccante, cambiamento, fu, per Alessia, a livello lavorativo. Si presentò dal suo capo per comunicare il suo stato interessante. Non voleva congedi di maternità anticipati, data la mancanza di rischi sul lavoro per lei e il suo bambino, ma il suo boss la pensava diversamente. «Ma cosa credi che resterai qui a lavorare?» Hai sbagliato i conti- le rispose – il contratto a tempo determinato si conclude tra una settimana e per quanto mi riguarda anche tutto il resto. Non ho soldi da investire su una persona che ti sostituisca» «Ma non è giusto-imprecò Alessia- E’ immorale, discriminatorio, è…» ma mentre cercava le parole il capo la interruppe «E’ legale. Puoi andartene anche oggi.» Non riusciva a credere che stesse vivendo una tale situazione. Nessun corso pre parto, ai quali la coppia aveva diligentemente partecipato, li aveva preparati all’inversione totale che si ha, nella vita, quando si mette al mondo un figlio. Le pareva di essere tornata indietro nel tempo, quando alle donne non era concesso avere un lavoro e una famiglia contemporaneamente. E invece eccola lì, immutata, la Storia si ripeteva senza possibilità di replica. Lui aveva il potere di lasciarla a casa grazie all’inganno che le aveva perpetuato per mesi con il rinnovo costante di un contratto a tempo. E così fece. Alessia provò sulla sua pelle quanto l’Italia fosse ancora legata a retaggi mentali passati. Succede. O si viene lasciate direttamente a casa, come era successo a lei, o, al rientro dalla maternità, magari con la voglia di rimettersi a lavorare su grandi progetti o con l’intenzione di continuare in quella carriera che faticosamente si era fatta fino a quel momento, si diventa improvvisamente trasparenti. E si scopre che, soprattutto in posti scarsamente tutelati, il proprio ruolo non c’è più. Che gli altri ti considerano come una persona rientrata dopo una malattia, inabile a fare ciò che facevi prima con qualcuno che si è piazzato al tuo posto e non intende cederlo. Passarono anni di grandi sacrifici economici, compromessi morali e assordanti silenzi ma la coppia resse a tutto, consolidata dall’amore per il bambino e il loro. Al decimo compleanno del figlio, Alessia comprò una pastiera napoletana, per festeggiare l’artefice del repentino cambio delle loro vite e della sua scelta di rientrare nel mondo del lavoro, consapevole che, ricominciare la scalata, si sarebbe accavallata con le incombenze familiari atrocemente stancanti, anche con l’ausilio di aiuti esterni come i nonni. Ma non gliela avrebbero data vinta. Quella pastiera li aveva benedetti non solo con la nascita di un figlio ma anche con il raggiungimento di un’invidiabile responsabilità che pochi possono vantare.


3 Commenti

  1. L’esordio lasciava presagire un’intensità di vita che poi viene annacquata da un torrente di lamentele e invettive. Il capo e il dialogo con Alessia godono di uno spazio eccessivo, considerato che la vicenda si sviluppa invece in ben 11 anni. La descrizione della fatica economica e di rapporto rimane in secondo piano ma non è risolta nella decisione finale di tornare al lavoro, che risulta improvvisa e immotivata.
    Attensione alla morfosintassi

  2. Quella che in principio pare la storia di due giovani lanciati nella vita di coppia da un felice imprevisto, diventa riga dopo riga una pesante polemica circa un tema che forse non trova nel racconto breve la sede migliore. L’invettiva contro le ingiustizie del mondo del lavoro mal si coniuga con la vicenda dei protagonisti, peraltro piuttosto edulcorata (l’incondizionato sostegno dei genitori, la resistenza a tutte le avversità…) e risolta in modo un po’ sbrigativo. La narrazione manca di fluidità. Parecchi errori sintattici

  3. Una vita intera non può essere racchiusa nel breve spazio a disposizione. Risulta incoerente lo spazio dedicato a due soli giorni (concepimento e licenziamento) rispetto a quello dato invece a interi anni.
    La seconda parte del racconto si perde in quello che diventa (nonostante l’importanza delle tematiche trattate)un vero e proprio sfogo.
    Cercherei di rendere più concreta questa seconda parte, concedendole anche maggior respiro, a discapito dell’episodio della pastiera che, purtroppo, risulta piuttosto superfluo.

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