08/10/2020 Luca – Economia
1) L’approccio della riproducibilità. E’ proprio dell’economia politica classica (Smith, Ricardo, Marx, in particolare) ed è basato sulla convinzione che oggetto di studio della disciplina siano i meccanismi di produzione e distribuzione della ricchezza. Si ritiene, a riguardo, che l’analisi debba essere condotta a partire dalla constatazione che la società è strutturata in classi (segnatamente: i proprietari terrieri, i capitalisti, i lavoratori) e che la dimensione storica, sociale e istituzionale sia non separabile dalla dimensione propriamente economica. A ciò si aggiunge l’assunto in base al quale i fattori produttivi (lavoro e capitale) sono riproducibili senza vincoli di scarsità e in un orizzonte di lungo periodo, ad eccezione della terra, assunta come quantità data e, dunque, scarsa
2) L’approccio della scarsità. E’ proprio dell’economia marginalista (o neoclassica). Si basa su una duplice convinzione:
a) gli operatori economici effettuano le proprie scelte indipendentemente da condizionamenti sociali e istituzionali (individualismo metodologico);
b) le scelte sono razionali. La razionalità neoclassica – anche definita razionalità strumentale – è riconducibile all’idea che ogni individuo massimizzi una data funzione-obiettivo, dati i costi (monetari e di tempo). Il campo d’indagine dell’Economia Politica viene dunque ridefinito: essa si occupa dello studio di ogni problema di allocazione di risorse scarse fra usi alternativi dati.
Corrente culturale, non vera e propria ‘scuola di pensiero’, sviluppatasi fra il sedicesimo secolo e la prima metà del diciottesimo secolo prevalentemente in Inghilterra, il ‘mercantilismo’ è un orientamento di teoria della politica economica basato sul seguente presupposto: l’obiettivo ultimo della politica economica è la potenza dello Stato. L’indicatore della potenza dello Stato è l’attivo della ‘bilancia del commercio’ (ovvero la differenza fra valore delle merci esportate e valore delle merci importate) e la politica economica deve mirare a realizzare l’attivo permanente della bilancia del commercio. La ratio di tale presupposto è da rinvenirsi nelle specificità del contesto storico istituzionale. Gli autori mercantilisti – che, peraltro, non erano economisti nell’accezione corrente del termine, bensì mercanti, banchieri, letterati – scrivono nella fase di consolidamento dello Stato nazionale. Il principale problema – economico e politico – del tempo è l’acquisizione di risorse (il “tesoro” del sovrano) per il consolidamento e l’espansione dello Stato, soprattutto mediante i Conflitti.
Contesto: guerre di Luigi XIV e Colbertismo
Colbert contribuì in maniera decisiva alla nascita di un nuovo tipo di amministrazione pubblica, basata su un corpo di funzionari selezionato ed in contatto con il potere centrale. Si tratta di un modello che, nelle sue molteplici forme e con i suoi pregi e difetti, ha influenzato profondamente la storia della Francia e quella dei paesi che ricalcarono la sua organizzazione amministrativa. Rifiutó di ricevere Luigi XIV sul suo letto di morte, ufficialmente perché le sue condizioni non glielo permettevano, anche se disse, secondo i suoi familiari, “Ho dato tutto da me al re; che mi lasci almeno la mia morte” e “se avessi fatto per Dio tutto ciò che ho fatto per quest’uomo, sarei stato salvato dieci volte!”.
La fisiocrazia fu una vera e propria ‘scuola di pensiero’, sviluppatasi in Francia nel Settecento. I fisiocrati (che si autodefinivano les économistes), a differenza dei mercantilisti, condivisero i principi di fondo di metodo e di analisi, utilizzarono le medesime categorie interpretative e riconobbero in Francois Quesnay (1694-1774) – medico di Madame de Pompadour alla corte di Luigi XV e autore del Tableau economique (1758) – il loro ispiratore. Il termine fisiocrazia si può tradurre come ‘potere della natura’ (dal greco fùsis=natura e cratéin=dominare), a indicare una delle loro idee-guida, ovvero l’esclusiva produttività dell’agricoltura. I fisiocrati, in altri termini, ritengono che solo il settore agricolo sia in grado, per ragioni esclusivamente naturali, di generare un’eccedenza di produzione – “prodotto netto” – rispetto ai costi, e che gli altri settori produttivi non facciano altro che trasformare la ricchezza creata in agricoltura: in tal senso, essi sono “sterili” Si ritiene, inoltre, che il sistema economico sia in grado di autoregolarsi, in base a un principio di ‘ordine naturale’. L’ordine naturale “della specie umana” – chiarisce Quesnay – è analogo a quello che governa la natura; esso preesiste agli ordinamenti positivi che gli uomini possono darsi ed è da ritenersi il migliore possibile L’ordine naturale impone la legittimazione e la tutela della proprietà privata. Da qui la proposta liberista dei fisiocrati di ridurre al minimo l’intervento dello Stato nell’economia (laissez faire).
Contesto: Crisi del Regno di Luigi XV e XVI, fallimento delle riforme di Turgot.
Dal 20 luglio 1774 al 12 maggio 1776 fu Contrôleur général des finances. Egli per risanare l’economia dello stato puntò più sullo sviluppo dell’economia che sull’inasprimento fiscale. Infatti il suo programma prevedeva: la riduzione delle spese di corte; la libera circolazione dei grani per rilanciare l’agricoltura; l’adozione di un’imposta fondiaria a carico di tutti i proprietari in sostituzione delle corvée; l’abolizione delle corporazioni; l’abolizione delle dogane interne; l’obbligo per tutti, anche da parte dei nobili e del clero, di pagare le tasse.
Le proposte di Turgot incontrarono la decisa opposizione della nobiltà di corte, dei proprietari terrieri, dei finanzieri, dei magnati delle corporazioni ma anche dei contadini (che fecero scoppiare la cosiddetta guerra delle farine). Sostenuto dai soli illuministi, Turgot si trovò isolato e venne destituito il 12 maggio 1776
Professore di Filosofia Morale all’Università di Glasgow, Adam Smith è stato spesso considerato il ‘fondatore’ della scienza economica. Autore di numerose opere in ambiti disciplinari diversi (retorica, filosofia, astrologia), il suo contributo all’economia politica si deduce soprattutto da due opere: la Teoria dei sentimenti morali (1759) e l’Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni (1776). Nel primo caso, ci si imbatte in una articolata trattazione delle motivazioni dell’agire umano e, sebbene il discorso abbia un taglio filosofico, esso risulta della massima importanza per la piena comprensione delle teorie economiche proposte nell’opera successiva. Smith concepisce la ricchezza di una nazione in termini di prodotto pro-capite. L’idea, dal punto di vista concettuale e della contabilità nazionale, è di notevole modernità e pressoché assente nel pensiero economico presmithiano, dove, come si è visto, la ricchezza di un Paese veniva identificata o con la ricchezza del sovrano o con il prodotto agricolo.
Contesto: da ricordare soprattutto il lungo periodo di governo dei whigs guidati inizialmente da Robert Walpole (1676-1745).
Ricardo inizia la sua indagine sulla distribuzione del reddito attraverso il noto “modello del grano” presente nell’Essay on profits. In particolare l’indagine sulla distribuzione del reddito fu qui condotta con il proposito di calcolare il saggio di profitto e il suo andamento nel tempo. In definitiva, poiché la terra ha una produttività decrescente e poiché la popolazione è destinata a crescere con l’accumulazione del capitale, la crescita della società porterà con sé la messa a coltura di terre sempre meno fertili fino al momento in cui, sarà coltivata la terra che darà un prodotto appena sufficiente a remunerare al salario naturale il lavoro in essa impiegato. In tale momento, i profitti sarebbero pari a zero e l’intero prodotto del settore agricolo – e con esso di tutti gli altri settori – sarebbe distribuito solamente in salari e rendite. Con l’azzeramento dei profitti si interrompe anche il processo di accumulazione, poiché nessun capitalista investirebbe senza la prospettiva di una remunerazione. Da qui si comprende perché Marx lo considerasse un suo maestro…
Contesto: le guerre napoleoniche e la lotta contro le Corn Laws
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